Gaza. Israele con le ruspe spiana Rafah e i corpi dei dispersi

Da giorni i bulldozer militari stanno portando via tutto, pietre, cadaveri e le prove dei crimini commessi. Gli Stati uniti tolgono l’immunità all’Unrwa: l’agenzia rischia processi e risarcimenti milionari
Per mesi è stata l’ultimo illusorio rifugio della popolazione di Gaza nord, in fuga dai bombardamenti a tappeto, arrivando ad ospitare mezzo milione di persone. Poi è stata tanto bombardata da renderla irriconoscibile, un oceano di macerie. Infine è stata circondata, posta sotto un assedio totale teatro di massacri ed esecuzioni, e svuotata della sua popolazione: Israele l’ha dichiarata zona cuscinetto, annettendosi di fatto 75 kmq, un quinto di Gaza.
ORA RAFAH rischia di scomparire: da giorni le ruspe dell’esercito di Tel Aviv stanno rimuovendo le rovine degli edifici pubblici e privati e spianando le strade. Ci vorrà del tempo, ma poi di una delle più importanti città della Striscia, ponte verso l’Egitto (e il mondo fuori), non resterà che il ricordo.
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Non resteranno – denunciano i palestinesi sui social – nemmeno le prove dei massacri e dei crimini di Israele: le ruspe portano via tutto, senza distinzione tra corpi e pietre. Sotto quelle macerie ci sono centinaia, forse migliaia di dispersi, mai recuperati perché la protezione civile gazawi di mezzi non ne ha. Quelli che aveva sono stati bombardati pochi giorni fa dall’aviazione israeliana.
Jet e droni hanno sorvolato Gaza anche ieri, almeno una trentina i palestinesi uccisi fino al tardo pomeriggio, tra cui dieci a ovest di Gaza city, nel bombardamento della casa della famiglia al-Khour, cinque tra Deir al-Balah e il campo profughi di Nuseirat, tre nella tendopoli di al-Mawasi, a sud. Sono 51.500 i palestinesi uccisi in 19 mesi, 117mila i feriti e 15mila i dispersi stimati. Il bilancio non tiene conto delle persone morte per fame, sete e mancate cure. Un numero destinato ad aumentare a causa del blocco totale imposto da Israele all’ingresso di aiuti umanitari dal 2 marzo scorso.
All’allarme di venerdì del World Food Programme (le scorte nei magazzini dell’Onu sono «completamente esaurite» dopo la consegna degli ultimi beni alle cucine di comunità), poche ore dopo aveva fatto seguito l’intervento di Trump dall’Air Force One, in volo su Roma: in una telefonata con il premier israeliano Netanyahu, il presidente Usa ha detto di aver sollevato la questione degli aiuti. «Dobbiamo essere buoni con Gaza, quella gente sta soffrendo…Ce ne prenderemo cura. C’è molto bisogno di medicine e cibo».
EPPURE, nelle stesse ore, dava il colpo finale all’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi e principale fornitore e distributore di beni e servizi alla popolazione: la Casa bianca – seguendo alla lettera la narrazione e la politica israeliane – le ha tolto l’immunità, non considerandola più parte delle Nazioni unite.
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«Un altro modo per uccidere»: l’Onu contro il bando di Unrwa
Significa che – oltre al taglio degli aiuti – l’Unrwa può essere portata davanti a un tribunale nazionale e punita con risarcimenti insostenibili, con l’accusa di avere tra le sue fila palestinesi che avrebbero preso parte all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 (le inchieste in merito hanno già smentito tale accusa).
Nessun passo in avanti sul fronte negoziale, in attesa della risposta (eventuale) di Israele all’ultima proposta di Hamas: il rilascio in contemporanea di tutti gli ostaggi in cambio di cinque anni di cessate il fuoco.
* Fonte/autore: Chiara Cruciati, il manifesto
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