Nel suo contesto si può solo dire grazie a papa Francesco

Vaticano. Le logiche di guerra si riproducono anche quando parliamo dell’individuo, contrapponendo in lui il buono e il cattivo
Sulla figura della Madonna, la Chiesa cattolica ha costruito la sua comunità di «uomini celibi». «I comportamenti delle donne e indirettamente degli uomini si dovevano misurare con un immaginario femminile cattolico – si legge nel libro di Luisa Accati Il mostro e la bella (Raffaello Cortina Editore 1998) – dominante nel costume e nella cultura: il modello di Madre-Vergine, centrato sul ruolo materno nella sua accezione di protezione e cura dei figli». Ma ci sono anche voluti secoli prima che comparisse un papa che ne avrebbe ricordato le origini evangeliche, impugnandole con tanta passione contro gli orrori con cui i grandi poteri oggi stanno portando morte e devastazione del mondo.
Tra la valanga dei riconoscimenti e degli attestati di affetto che ha fatto seguito alla notizia della sua morte, non sono mancati commenti, soprattutto da parte di alcune donne, femministe, che hanno voluto ricordare i suoi giudizi misogini contro l’aborto.
Purtroppo, bisogna dire che le logiche di guerra si riproducono anche quando parliamo dell’individuo, contrapponendo in lui il buono e il cattivo e cancellando quella delle due parti che non ci corrisponde o non ci piace.
Quando papa Bergoglio ha condannato come «assassinio» l’aborto, io, come del resto hanno fatto tante altre femministe, ho criticato molto duramente quello che poteva diventare un «incitamento all’odio». Ma ho continuato a riconoscergli un impegno tenace e coraggioso sulle questioni sociali di primo piano nella deriva autoritaria e bellicista in cui sta precipitando il mondo. Era una lucidità e una determinazione che non avvertivo nella maggior parte di politici e intellettuali che si considerano di sinistra.
Il valore di una persona va visto nel contesto in cui vive e si forma, nelle contraddizioni e ambiguità di ogni vita, nelle scelte che non ci piacciono, come nella possibilità che possano cambiare. Andare incontro a tutti, porsi al di fuori del cerimoniale e delle regole che è tenuto a rispettare una figura sacra come il rappresentante di Dio in terra, cercare il dialogo tra potenze che si combattono per il dominio del mondo, e dire nel medesimo tempo che «non è con le armi che si arriva alla pace», è l’umanità di chi sa vedere contrasti e limiti dentro di sé, prima che negli altri. Sta in questo la meritata «popolarità» dalle radici cristiane del papa che, come il suo lontano omonimo, Francesco D’Assisi, ha rivoluzionato la Chiesa e stupito il mondo.
«Obiettivo di Francesco – scrive Antonio Attisani nel suo libro La rivoluzione artistica di Francesco – non è mai quello di proporre un comportamento esemplare, bensì di fare comprendere qualcosa con una chiarezza inequivocabile. Lo scopo dell’azione e l’energia impiegata configurano un elementare ma potente rito di iniziazione, nel corso del quale la comprensione di un principio è appunto trasmessa fisicamente». Non diverso è stata la parte che ha avuto il corpo di Bergoglio -la voce, i gesti, le espressioni del viso – nella spontaneità e nel calore verso chiunque lo incontrasse.
Circondati da patriarchi, da maschilisti, da mariti che uccidono, da uno scatenamento di virilismo guerriero, come è possibile non essere in grado di riconoscere la speranza e la forza che ci ha dato quest’uomo sulla possibilità di dire no a tutti gli orrori da cui siamo circondati, e capire che non ha senso chiedergli qualcosa che è lontano dalla sua storia e purtroppo lo sarà ancora a lungo per tutte le religioni? Possiamo vedere il suo valore e insieme i suoi limiti? Mi rendo conto che con il populismo che avanza in vari Stati del mondo è sempre più difficile capire in che cosa sia diversa la «popolarità» che circonda una persona, il suo pensiero e il suo operato. Nell’ultimo caso si tratta di gratitudine e amore meritati e ricambiati, nell’altro dell’uso di bisogni, emozioni, sentimenti, speranze, spinte viscerali, al solo scopo di raccogliere consensi per finalità opposte.
Nel momento della sua morte, il dolore per la perdita di un papa che ha fatto della predicazione di Cristo la sua missione culturale, etica e politica, si è alternato con la gioia profonda di constatare quanto le sue parole, i suoi scritti, le sue molteplici apparizioni pubbliche da «uomo come tanti», siano in questi giorni più vive e presenti che mai, esempio di lotta e resistenza non violenta che forse non dimenticheremo.
A chi ha fatto notare che, nonostante la forte presenza di un papa combattivo per la giustizia, per le vittime della guerra, della povertà, dei regimi autocratici, dello sfruttamento capitalista, delle migrazioni, delle devastazioni climatiche, le conversioni alla religione non sono aumentate, forse non è inutile ricordare che la parola di Cristo non ha inteso costruire un regno ma una visione dell’umano incentrata sull’amore, la solidarietà, la compassione.
Forse a volte basterebbe dire grazie.
* Fonte/autore: Lea Melandri, il manifesto
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