Silenzio e opacità sulle deportazioni in Albania: nel centro di Gjader «una colonia penale»

Nessuna risposta sui criteri con cui sono state scelte le persone. Cecilia Strada: «In un giorno già tre atti di autolesionismo». Fascette durante tutto il tragitto, nessuno era stato informato del trasferimento
Hanno scoperto di essere trasferiti in Albania quando la Libra aveva attraccato al porto di Shengjin. E lo show trumpiano delle fascette ai polsi, condiviso e rivendicato ieri dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, non è stato limitato al momento dello sbarco a favore di telecamere, ma si è protratto per tutta la durata del viaggio, almeno sette ore di navigazione da Brindisi all’Albania. Mentre sono stati almeno tre gli atti di autolesionismo registrati tra le quaranta persone trasferite in Albania nelle prime ventiquattrore di detenzione oltre Adriatico. È quanto emerge dall’ispezione effettuata ieri nel Cpr di Gjader dall’eurodeputata Cecilia Strada.
L’ATTO QUARTO della campagna albanese del governo Meloni va nel segno dell’opacità dell’esecutivo, che bluffa e si spertica in acrobazie per giustificare i trasferimenti senza dare però risposte precise. Ieri Piantedosi ha addotto la «pericolosità sociale» dei migranti trattenuti come motivazione dei lacci, indicandola come una forma di tutela nei confronti degli agenti impiegati sulla Libra. Gli ha fatto eco il suo aspirante sostituto al Viminale, Matteo Salvini, che con macabro umorismo ha commentato: «Dov’è il problema? Dovevamo dargli l’uovo di Pasqua?».
MA AL DI LÀ delle dichiarazioni, rimangono ombre sui criteri attraverso cui sono state identificate le persone da trasferire. Di per sé le condanne penali non costituiscono motivo di trattenimento in un Cpr. Tutt’al più possono rappresentare una «priorità». Ed in ogni caso, se una persona ha precedenti penali significa che ha già scontato una pena. L’eventuale espulsione, dunque, sarebbe potuta avvenire durante il periodo detentivo in carcere. Per questo parla di «insopportabile esibizione di crudeltà» il Tavolo asilo e immigrazione (Tai), sottolineando che le persone sono «trattenute in Cpr non perché abbiano commesso un reato, ma perché destinatarie di un procedimento amministrativo di espulsione, cioè hanno un documento scaduto». «Un ulteriore passaggio in Cpr, e in particolare nel Cpr albanese, si configura come una ulteriore pena accessoria e fa prendere all’intero impianto la forma della colonia penale. Una cosa non prevista dalla legge e che impone in modo ingiustificato un ulteriore aggravio economico per la società» dice Cecilia Strada all’uscita da Gjader.
NEL CORSO DELL’ISPEZIONE l’eurodeputata ha potuto incontrate quattro persone, nessuna delle quali risultava in ogni caso avere precedenti. Nel corso dell’ispezione nel centro, a Strada non sono state fornite risposte circa il numero delle presenze, l’elenco delle persone trattenute e i criteri adottati. E non è stata data nemmeno risposta agli accessi agli atti effettuati presso il Viminale insieme alla deputata dem Rachele Scarpa. Le due elette chiedevano di visionare i provvedimenti scritti, come verbali e annotazioni, relativi ai criteri adottati e il fascicolo personale di ognuna delle persone trasferite a Gjader. Un «mancato accesso a informazioni cruciali per un adeguato esercizio del nostro potere ispettivo di parlamentari» hanno sottolineato Strada e Scarpa.
LE PERSONE incontrate hanno riferito che le fascette sono state apposte già durante il viaggio a bordo della Libra, nonostante nessuna di loro si fosse opposta al trasferimento. «Le stesse linee guida di Frontex dicono che la contenzione fisica è l’extrema ratio, e deve essere motivata, proporzionata e sottoposta a valutazione dinamica nel tempo» dice Strada. Solo quattro migranti hanno potuto avere contatti con i propri legali. «Un fatto grave ed emblematico della forte compromissione del diritto di difesa nelle strutture albanesi» sottolinea Strada.
Intanto fonti del Viminale hanno confermato che ognuna delle quaranta persone detenute, nel caso in cui dovesse essere effettivamente espulsa, andrà riportata prima in Italia dal momento che l’esecuzione delle espulsioni non rientra nel protocollo firmato con l’Albania. Anche su questo ieri Piantedosi ha messo le mani avanti: «Non ci sono diseconomie tangibili e visibili» ha detto. Un primo esposto alla Corte dei conti, che potrebbe accendere i propri fari sul continuo andirivieni tra Brindisi e Shengjin, lo ha presentato Luigi Calesso, portavoce di Coalizione civica Treviso, per verificare la sussistenza di un potenziale danno erariale.
* Fonte/autore: Michele Gambirasi, il manifesto
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