Spioni. Nell’indagine Paragon spunta un’intrusione a casa del sacerdote di Mediterranea

Spioni. Nell’indagine Paragon spunta un’intrusione a casa del sacerdote di Mediterranea

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Don Mattia Ferrari spiato e vittima di un blitz a dicembre 2023. Mediterranea: «La destra sta cercando di insabbiare tutto». Al Copasir auditi i rappresentanti della società israeliana: il nodo dei contratti

Un tentativo di intrusione, avvenuto nel dicembre del 2023, nella casa di famiglia di don Mattia Ferrari, il cappellano di bordo della ong Mediterranea, a Formigine, in provincia di Modena. È questo l’elemento nuovo che stanno valutando gli inquirenti di Bologna, dove il sacerdote aveva inoltrato un esposto riguardante lo spyware Graphite installato sul suo smartphone. La vicenda, in un primo momento, era stata affrontata dalla procura di Modena, dove don Ferrari aveva inoltrato una denuncia per delle minacce ricevute in passato, ma venne in breve derubricata a un tentativo di intrusione a scopo di furto sfumata a causa dell’allarme domestico che aveva cominciato a suonare. Adesso però la vicenda viene affrontata sotto una nuova luce: quella decisamente sinistra che arriva dagli sviluppi del caso Paragon. Agli atti, comunque, ci sono le immagini di una telecamera di sorveglianza, che ha immortalato l’individuo che stava cercando di entrare nell’abitazione.

INTANTO, ieri pomeriggio, davanti al Comitato parlamentare di controllo sull’attività dei servizi segreti, a palazzo San Macuto a Roma, sono comparsi i rappresentanti di Paragon Solutions, l’azienda israeliana che produce lo spyware Graphite. Nell’occasione sono stati ripercorsi gli ultimi complicatissimi mesi di rapporti tra Paragon e l’Italia. Inizialmente, la società informatica aveva sospeso le sue relazioni con il governo di Roma il 31 gennaio scorso «per estrema cautela» dopo la diffusione delle prime notizie sul possibile abuso di Graphite sugli smartphone degli attivisti di Mediterranea e del direttore di Fanpage Francesco Cancellato. Meno di una settimana dopo, il 5 febbraio, Paragon avrebbe deciso di rescindere definitivamente i suoi contratti con l’Italia per violazione delle clausole etiche. Il 14 febbraio, però, arriva un’intesa: l’intelligence italiana e Paragon si sono accordate per una sospensione temporanea dell’operatività di Graphite in attesa che il Copasir e l’Agenzia nazionale per la cybersicurezza finiscano i loro accertamenti.

IN TUTTO QUESTO è ormai chiaro che i servizi segreti italiani abbiano usato questo spyware per svolgere attività di controllo preventive su Mediterranea. L’installazione del trojan sarebbe stata autorizzata dalla Corte d’appello di Roma nel maggio del 2024. I servizi, però, non possono indagare per conto delle procure, dunque tutte le attività di controllo svolte sull’ong in nessun caso potrebbero diventare elementi utili a un’indagine. Il perché dell’utilizzo di Paragon, dunque, si riduce a una formula tanto semplice quanto in grado di comprendere ogni possibilità: «Motivi di sicurezza nazionale». Questo hanno detto il direttore dell’Aisi Bruno Valensise, quello dell’Aise Giovanni Caravelli e il sottosegretario Alfredo Mantovano durante le loro audizioni al Copasir delle passate settimane. In questi frangenti, peraltro, è arrivata anche la conferma che l’intelligence ha effettivamente usato Graphite. L’origine di questa operazione va ricercata in una nota su carta intestata del Viminale, arrivata ai servizi il 6 maggio del 2024, che dava conto di un’indagine avviata e poi abbandonata dalla procura distrettuale di Palermo per «associazione a delinquere nel reato di immigrazione clandestina». Sotto controllo c’era soprattutto David Yambio, portavoce dell’ong Refugees in Lybia, interlocutore stabile di Mediterranea e testimone della Corte penale internazionale contro Osama Elmasry, il capo della polizia giudiziaria di Tripoli arrestato a Torino a fine gennaio e lasciato andare via nel giro di 48 ore malgrado su di lui pendesse un mandato d’arresto dell’Aja per crimini di guerra e contro l’umanità.

LA VICENDA, che da settimane causa un notevole imbarazzo al governo italiano, sarebbe dovuta arrivare davanti alla commissione Libertà civili dell’europarlamento martedì, ma l’audizione del portavoce di Mediterranea Luca Casarini e di don Mattia Ferrari (che avrebbe parlato proprio dei numerosi «monitoraggi» subiti) è stata rinviata per decisione del Ppe e di Ecr, i gruppi di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Il motivo ufficiale riguarda la «selezione degli ospiti esclusivamente italiana». Ma l’ong attacca: «La destra non vuole che si possa discutere di questa vicenda e avrebbe voluto insabbiarla sin dall’inizio, rifugiandosi prima nel segreto di Stato e poi affidando alla opacità del Copasir, un argomento che meriterebbe invece una riflessione pubblica, viste le implicazioni con la Libia e l’attività criminale delle milizie». Se ne riparlerà il 23 aprile.

* Fonte/autore: Mario Di Vito, il manifesto

 

 

Image: sicurezzanazionale.gov.itCreative Commons Attribution 3.0 Italy license



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