Tecnologie. Blackout, la nostra vita sugli smartphone non è sicura

Tecnologie. Blackout, la nostra vita sugli smartphone non è sicura

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 Il blackout di Madrid manda un messaggio molto chiaro: attenzione a concentrare così tante funzionalità e servizi, sia pubblici, sia privati, sullo smartphone

Il blackout di Madrid manda un messaggio molto chiaro: attenzione a concentrare così tante funzionalità e servizi, sia pubblici, sia privati, sullo smartphone. O più precisamente: attenzione a farlo senza lasciare alternative reali funzionanti. Perché lo smartphone funzioni, infatti, devono essere soddisfatte due condizioni: Internet deve funzionare (sia l’accesso wireless, sia l’infrastruttura complessiva, fatta di cavi, data centers, apparecchiature di rete e molto altro) e deve esserci elettricità per caricare la batteria (oltre che per far funzionare Internet). La rivoluzione informatica, infatti, di cui lo smartphone è la manifestazione più evidente – lo smartphone, a dispetto del nome, è innanzitutto un computer palmare – è figlia della storicamente precedente, ma ancora attualissima, rivoluzione elettrica. No elettricità, no digitale, con tutto ciò che comporta per un mondo come il nostro ormai così pervasivamente computerizzato.

Quindi, ben vengano l’efficienza e la comodità rese possibili dallo smartphone (anche se pagate con una perdita della nostra privacy assolutamente senza precedenti e assai preoccupante), ma senza dimenticare la robustezza.

È una delle lezioni che avremmo dovuto apprendere dal Covid-19, quando fummo costretti a prendere atto delle conseguenze di una ricerca spasmodica della massima efficienza economica: molte filiere produttive, dalle mascherine ai guanti di gomma, dai chip per le automobili ai ventilatori polmonari, negli anni precedenti al 2020 erano diventate pericolosamente fragili.

Invece di riporre una fiducia incondizionata nella nostra capacità di far funzionare le infrastrutture cruciali con affidabilità totale, quindi, identifichiamo piuttosto, con pragmatismo, e anche un po’ di umiltà, alcuni strumenti e servizi di cui è opportuno preservare la versione “analogica”, a prescindere dalla diffusione delle equivalenti versioni digitali. Senza pretese di esaustività, vediamo tre esempi: il denaro contante, la radio FM e i documenti d’identità fisici.

Il denaro contante è una tecnologia consolidata, che funziona senza bisogno di Internet o di elettricità. Da molti anni forti interessi spingono per realizzare una società senza contante, ma a parte i gravissimi rischi di concedere a degli intermediari il controllo di tutte le transazioni economiche, anche minute, una società senza contante è una società fragile, come dimostra non solo il caso di Madrid, ma anche i crescenti timori per i possibili danni che potrebbero provocare criminali o forze ostili nel caso in cui la moneta fosse tutta elettronica.

La radio FM, inventata poco meno di un secolo fa, è una modalità a basso costo e ancora molto diffusa per comunicare con numeri anche estremamente elevati di persone. Sia il trasmettitore, sia le radioline richiedono elettricità, ma anche in situazioni di emergenza è relativamente semplice trovare il modo di far funzionare sia l’uno, sia le altre.

Infine i documenti di identità: al momento sono ancora largamente diffusi come oggetti fisici, tipicamente sotto forma di targhette di plastica o, in alcuni casi, di documenti cartacei. Oltre al pregio di essere oggetti passivi, ovvero, che non raccolgono dati, sono oggetti che svolgono la loro funzione senza bisogno di Internet o di elettricità, a differenza dell’emergente categoria dei documenti nella forma di app per smartphone.

Sono solo tre esempi, ma che illustrano un principio generale: solo perché si sono inventati gli ascensori, non è saggio rimuovere le scale. Un principio che è sempre stato valido, ma che forse oggi lo è ancora di più.

* Fonte/autore: Juan Carlos De Martin, il manifesto



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