A Istanbul una farsa: Putin non arriva, Zelensky riparte, oggi i colloqui depotenziati

A Istanbul una farsa: Putin non arriva, Zelensky riparte, oggi i colloqui depotenziati

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L’assenza del leader russo condiziona la giornata, tra accuse e insulti. Trump: «Non succederà nulla finché io e Putin non ci incontreremo»

Intorno alle 18 turche i dati di tracciamento dell’aereo presidenziale ucraino mostravano che Zelensky aveva lasciato Ankara. Si chiude così una giornata di attese, accuse e proclami che lasciano una sola sensazione chiara: il cessate il fuoco in Ucraina è ancora lontano.

Poco dopo l’agenzia russa Tass ha chiarito che i colloqui inizieranno oggi, in un formato sostanzialmente ridimensionato rispetto alle attese della vigilia. Il rifiuto di partecipare di Vladimir Putin, giunto a poche ore dalla data indicata dal Cremlino stesso, ha lasciato Volodymyr Zelensky in ambasce e con la forte tentazione di mandare tutto all’aria riportandosi in patria la sua squadra. Il presidente ucraino ha prima definito la delegazione scelta da Putin come «fasulla» e in seguito ha accusato la controparte di non volere la pace.

«NOI», HA DICHIARATO alla stampa il leader ucraino, «abbiamo una delegazione al massimo livello. Il ministero degli Esteri, il mio ufficio, i militari, la nostra intelligence», l’obiettivo era poter prendere qualsiasi decisione che potesse portare «alla pace giusta che ci si aspetta». E invece, secondo Kiev, i russi inviati in Turchia non hanno «potere decisionale». «Zelensky è un clown, un fallito una persona dall’istruzione sconosciuta» ha tuonato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. «È bene notare» ha replicato nuovamente Kiev, «che la delegazione russa in Turchia non è guidata dal ministero degli Esteri russo, il cui compito è solo di abbaiare da Mosca».

Ma al di là del botta e risposta dalla distanza non si può non notare che Zelensky alla fine sia stato costretto all’umiliazione pubblica. «Non ho fatto alcuna proposta a Putin. Tutti abbiamo percepito che stava offrendo negoziati diretti perché non voleva un cessate il fuoco» ha chiarito il presidente, come se non fosse sotto gli occhi del mondo che l’evoluzione dei fatti portava dritta a quel momento. E comunque, lui era lì, «ancora pronto per negoziati diretti».

MA ANCHE quest’ultimo appello è caduto nel vuoto contribuendo a sottolineare la visione imperialista russa («non è chi sta perdendo che può dettare le condizioni») più che la schizofrenia o l’estrema mala fede del Cremlino. Il presidente ucraino alla fine ha incontrato solo l’omologo turco Erdogan, in una riunione a porte chiuse (durata ben 2 ore e 45) che doveva essere il prologo del vertice vero e proprio. Quest’ultimo ha «riconosciuto la Crimea come ucraina», dice Zelensky, e ha offerto «un importante sostegno politico e organizzativo» ai prossimi passaggi dei negoziati. Tanto da essere ufficialmente incluso nel ruolo di mediatore accanto agli Stati uniti.

Ruolo che, in ogni caso, Donald Trump ha rivendicato solo per sé: «Non succederà nulla finché io e Putin non ci incontreremo». Il tycoon ha fatto di tutto per salvare la faccia, dichiarando di «non essere deluso dalla delegazione russa» e persino di «aspettarsi» che Putin non fosse presente. Ma non in virtù di qualche valutazione politica lungimirante, solo perché «ho anche detto: perché dovrebbe andare lui se non ci vado io?». Il meccanismo lo conosciamo – Trump nei giorni scorsi aveva più volte affermato di essere pronto a partecipare se Putin fosse intervenuto, di sperare addirittura che il presidente russo partisse – ma questo continuo capovolgimento dei fatti è tuttora incredibile. E, a proposito di totale incoerenza, il presidente ha anche aggiunto che «se succedesse qualcosa, potrei andare venerdì». Ci ha pensato il segretario di Stato Marco Rubio, che sarà presente oggi insieme agli inviati speciali Witkoff e Kellogg, a riportare un po’ di franchezza: «Non abbiamo grandi aspettative su ciò che accadrà domani».

COSA SI DIRANNO i rappresentanti di Russia e Ucraina domani lo hanno annunciato i rispettivi governi. Kiev insisterà per la tregua temporanea subito, condizione necessaria per ulteriori negoziati. Poi si potrà parlare di «pace giusta» ovvero, come spiega Zelensky stesso: «Un accordo che preveda l’integrità territoriale» del Paese invaso. A guidare la delegazione sarà il ministro della Difesa Rustem Umerov. Mosca, dal canto suo, ha avuto la faccia tosta di rinfacciare alla controparte l’attesa dei suoi in hotel, come se il resto del mondo non avesse aspettato per una settimana la decisione del Cremlino. In ogni caso, il capo-delegazione Medinsky ha fatto sapere che la sua consegna è «raggiungere una pace a lungo termine affrontando le cause profonde del conflitto» e che la delegazione inviata a Istanbul ha «tutto il potere per affrontare queste questioni».

SECONDO alcune indiscrezioni il tavolo potrebbe saltare subito se i russi si rifiutassero di trattare il cessate il fuoco temporaneo e a questo punto non è da escludere che la delegazione di Zelensky abbia ricevuto l’ordine di scuderia di andarsene sbattendo la porta per palesare tutto il risentimento di Kiev per il modo in cui è stata trattata.

* Fonte/autore: Sabato Angieri, il manifesto



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