Fame a Gaza: un po’ di cibo per tenere buoni gli alleati e continuare la distruzione

Fame a Gaza: un po’ di cibo per tenere buoni gli alleati e continuare la distruzione

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Ad affermarlo è stato il ministro dell’ultradestra Bezalel Smotrich dopo la decisione presa dal premier Netanyahu di ripristinare l’ingresso di aiuti minimi alla striscia di Gaza

GERUSALEMME. La colona israeliana Reut Ben Haim ieri passava da un canale televisivo all’altro invocando azioni concrete contro la ripresa minima, dopo 11 settimane, dell’ingresso di generi di prima necessità nella Striscia di Gaza, decisa domenica sera dal premier Netanyahu. «Non deve entrare un chicco di riso fino a quando non saranno liberati i nostri ostaggi», ha detto Ben Haim, fondatrice di «Tzav 9» (Ordine 9), gruppo molto attivo nato dopo il 7 ottobre 2023 per impedire l’arrivo degli aiuti umanitari nella Striscia. «Mi rivolgo a coloro che hanno marciato con noi, da sinistra e da destra, laici e religiosi, alla gente delle città e dei kibbutz, alle famiglie dei soldati e degli ostaggi: uscite e bloccate i camion (con gli aiuti), venite anche questa volta! Non possiamo restare a guardare», ha ripetuto. I rappresentanti noti e meno noti della destra israeliana più estrema hanno il pregio di spiegare senza giri di parole le finalità di certe politiche contro i civili palestinesi. Mentre il governo per due mesi e mezzo ha descritto lo stop all’ingresso degli aiuti come un mezzo per impedire che il cibo venisse preso e gestito da Hamas, Reut Ben Haim ha confermato che portare alla fame la popolazione di Gaza è la strada scelta, anche dal governo, per vincere. È la carestia come strumento di guerra denunciato da più parti, non solo dai palestinesi.

Netanyahu invece per contenere alla rabbia dei suoi alleati di estrema destra e di una porzione significativa dei suoi elettori, ha giustificato l’ordine dato all’esercito, senza un voto del gabinetto di sicurezza, affermando che per sconfiggere Hamas e liberare gli ostaggi, Israele non può «arrivare alla carestia» nella Striscia di Gaza. Il primo ministro ha spiegato come la pressione sullo Stato ebraico si è «avvicinata a una linea rossa», non solo da parte dell’Amministrazione Trump. Ha aggiunto che senatori statunitensi «tra i migliori amici di Israele nel mondo» gli hanno chiesto di evitare una carestia di massa tra la popolazione palestinese. Quindi ha promesso che saranno distribuite solo quantità minime di cibo e di altri generi di prima necessità, sotto la stretta supervisione dell’esercito «per impedire che gli aiuti cadano nella mani di Hamas».

Le sue parole hanno scatenato una rabbia persino più accesa nell’ultradestra che domina il suo esecutivo poiché Israele non ha ancora istituito i suoi «centri di distribuzione». Quindi il cibo e le medicine arriveranno grazie alle odiate Nazioni unite. «Bisogna dire la verità all’opinione pubblica israeliana: questi aiuti, che raggiungeranno l’intera Striscia, finiranno anche nelle mani di Hamas…dobbiamo spiegare al presidente (statunitense) che questi aiuti mettono a repentaglio la vita dei nostri soldati. Non dobbiamo dare ossigeno ai nostri nemici», ha sbraitato. Per il ministro Ben Gvir anche dare del latte in polvere a un neonato palestinese affamato «aiuta il terrorismo».

Stranamente, contro di lui si è schierato un altro leader dell’estrema destra, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, divenuto una sorta di consigliere militare di Netanyahu. «Nessun aiuto andrà ad Hamas. Punto. Chiunque affermi il contrario sta diffondendo falsità. Solo il minimo indispensabile di cibo e medicine entrerà a Gaza, e nemmeno un singolo chicco andrà a beneficio di Hamas», ha proclamato spiegando che questa minuscola concessione permetterà a Israele di tenere buoni i paesi alleati e di continuare senza ostacoli la sua offensiva militare che ogni giorno fa strage di decine, talvolta centinaia, di palestinesi di tutte le età, anche nei rifugi e nelle presunte «aree sicure». Secondo il portale Axios il vicepresidente americano Vance avrebbe rinunciato al suo viaggio oggi in Israele a causa dell’inizio dell’offensiva «Carri di Gedeone» a Gaza, un segnale lanciato dall’alleato più importante che Tel Aviv non ha potuto ignorare. «I cittadini di Gaza riceveranno un pezzo di pane e un piatto di cibo, e questo è tutto», ha assicurato Smotrich, aggiungendo con cinica sincerità che Israele «sta annientando tutto ciò che rimane nella Striscia lasciandola in rovina con una distruzione senza precedenti e il mondo non ci ha ancora fermato».

Questo dibattito interno tanto accesso sulla pelle di oltre due milioni di civili palestinesi, si è svolto mentre appena cinque camion di aiuti umanitari, almeno fino a ieri pomeriggio, sono entrati a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom. «È solo una goccia nell’oceano di ciò di cui c’è urgente bisogno, e a partire da domani (oggi) dovranno arrivare molti più aiuti a Gaza», ha commentato con amarezza Tom Fletcher, responsabile degli aiuti umanitari dell’Onu. Ieri 22 paesi – tra cui Francia, Germania e Italia – con una dichiarazione congiunta hanno chiesto a Israele di «consentire immediatamente la piena ripresa degli aiuti a Gaza».

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto



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