Sissignore!

Poiché il complesso industrial-militare a traino statunitense-israeliano non è mai sazio di dollari e di sangue, già si pensa al dopo Gaza e al dopo Ucraina e arriva Golden Dome, lo scudo spaziale da 175 miliardi di dollari voluto da Trump e annunciato ieri
“La pace è guerra, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza” (George Orwell, 1984)
Finché c’è guerra c’è speranza (di profitti), se la terra non basta più si può cominciare a combattere nello spazio.
Così, poiché il complesso industrial-militare a traino statunitense-israeliano non è mai sazio di dollari e di sangue, già si pensa al dopo Gaza e al dopo Ucraina.
L’instancabile Donald Trump si sta portando avanti con il programma di difesa missilistica “Golden Dome” annunciato ieri: un sistema multilivello da 175 miliardi di dollari che, per la prima volta, prevede l’impiego di armi statunitensi nello spazio e che, secondo il presidente USA, sarà pienamente operativo prima della fine del suo mandato (l’unico motivo di ottimismo è che Trump difficilmente immagina una fine del suo mandato, il che potrebbe farci sperare in tempi assai lunghi).
Trump ieri ha poi spiegato che gli obiettivi più ampi della cupola includeranno l’impiego di «tecnologie di nuova generazione su terra, mare e spazio, tra cui sensori e intercettori spaziali».
Quando gli è stato chiesto se i comandanti militari avessero richiesto tale sistema, Trump ha risposto: «L’ho suggerito io e tutti hanno detto: “L’idea ci piace molto, signore”». Del resto, è quello il fondamento della logica e dell’educazione militare: rispondere sempre “Sissignore!”, che si tratti di avallare investimenti inutili e pericolosi costosi per i bilanci pubblici ma lucrosi per i vampiri dell’industria e della ricerca bellica o che si tratti di sterminare a decine di migliaia di donne e bambini, e nemmeno in combattimento sul terreno ma vigliaccamente dall’alto o da remoto. È dell’altro ieri un report ONU secondo cui, dall’inizio della guerra nell’ottobre 2023, oltre 28 mila donne e ragazze palestinesi sono state uccise a Gaza dai bombardamenti israeliani. A proposito di scudi “difensivi”.
Il nome e il concetto del nuovo e costoso sistema USA in effetti derivano da quello di difesa aerea israeliano “Iron Dome”, ma naturalmente per gli Stati Uniti non basta la forza del ferro occorre che questa garantisca l’oro, ovvero i profitti insanguinati e stratosferici del settore bellico.
Non per niente uno dei beneficiari, la Lockheed Martin Corporation, così definisce il nuovo sistema: «Golden Dome for America è un concetto rivoluzionario che promuove gli obiettivi di pace attraverso la forza e la visione del Presidente Trump di dissuadere gli avversari dagli attacchi alla patria».
I quali avversari, in verità, anche ove celassero intenzioni bellicose, ne sarebbero semmai dissuasi dalla sproporzione delle forze e delle risorse in campo: nel 2024 la spesa militare mondiale ha raggiunto i 2.718 miliardi di dollari, di cui 1.506 miliardi da parte dei paesi membri della NATO – 997 miliardi da parte dei soli Stati Uniti; la spesa militare dell’alleata Israele è aumentata del 65%, raggiungendo i 46,5 miliardi di dollari. La Cina, pur avendo accresciuto la propria spesa militare del 7%, arriva solo a un terzo di quella statunitense, con 314 miliardi di dollari spesi lo scorso anno; ancor più vasta la distanza della Russia con 149 miliardi di spese militari, vale a dire meno di un terzo dei 454 miliardi spesi dai membri europei della NATO, che pure, contro ogni evidenza, si dicono minacciati da Putin tanto da avere nei mesi scorsi previsto un piano di riarmo da ben 800 miliardi di euro.
Più probabilmente, dunque, gli avversari degli Stati Uniti saranno spinti a incrementare a loro volta le spese militari e la ricerca bellica, nella spirale di escalation infinita che, da ultimo, ci stanno mostrando le dinamiche della guerra in Ucraina, dove gli interessi delle corporation e dei loro esecutori europei, i governi Volenterosi (altro ipocrita vocabolo imposto dalla neolingua) e la Commissione von der Leyen, operano alacremente ed efficacemente per sabotare ogni timido tentativo di fermare il conflitto e per sottrarre spazio delle diplomazie.
Così come la guerra è un piano inclinato, troppo facile da innescare e molto difficile da interrompere, così ogni volta che un nuovo armamento entra in scena e in produzione è inesorabile che esso verrà impiegato, prima o poi. Ma basta chiamarlo strumento di pace e quel sistema industrial-militare e i loro complici governativi (e mediatici) si considerano assolti.
Rimane da augurarsi – e da fare ciascuno quanto è necessario e possibile – che per questi criminali arrivi presto una Norimberga.
* Fonte/autore: Sergio Segio, Diritti Globali
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