Anche gli USA in guerra con l’Iran, Trump muove i B-2

Gli aerei Usa in grado di lanciare le bombe bunker-buster in volo verso Guam. L’Iran non si fa illusioni. E il conflitto si intensifica
Ormai è chiaro: l’accusa rivolta all’Iran di sviluppare la bomba nucleare è semplicemente inconsistente, come ha più volte – seppur tardivamente – confermato il direttore dell’Agenzia per l’Energia Nucleare, Rafael Grossi. Ciò fa crollare l’intera impalcatura propagandistica israelo-americana riguardo alla legittimazione dell’operazione militare in corso.
GLI ESPERTI IRANIANI non si fanno illusioni: le due settimane fissate dal presidente statunitense Trump per decidere un eventuale ingresso ufficiale in guerra difficilmente cambieranno gli equilibri o apriranno la strada a un compromesso. Tanto più che ieri diversi bombardieri B-2 (gli unici in grado di trasportare le micidiali bombe bunker-buster) sono decollati dal Missouri diretti alla base di Guam, nel Pacifico.
A Teheran è ben chiaro che Stati Uniti e Israele agiscono di fatto come un’unica entità strategica. Nonostante qualche divergenza retorica, Washington e Tel Aviv condividono la stessa dottrina, perseguono interessi comuni e mantengono una cooperazione militare e politica costante. Secondo l’analisi iraniana, i Paesi occidentali non possono permettersi di ignorare la volontà dello Stato ebraico.
MENTRE CONTINUA inesorabilmente il conflitto diretto tra i due Paesi, le ostilità ieri si sono intensificate ulteriormente con un nuovo scambio di attacchi avvenuto ieri. L’escalation è arrivata all’indomani dell’annuncio da parte di Teheran, che ha dichiarato di non essere disposta a negoziare il proprio programma nucleare mentre i cittadini sono sotto i bombardamenti.
Secondo fonti iraniane, Israele avrebbe colpito un impianto nucleare nei pressi della città di Isfahan. Le autorità hanno rassicurato che l’attacco non ha causato fuoriuscite di materiali radioattivi o altri danni ambientali rilevanti. Nel frattempo, Teheran ha risposto con una nuova ondata di missili lanciati verso città israeliane, mantenendo alto il livello dello scontro.
Altri raid israeliani hanno preso di mira la città iraniana di Qom, provocando la morte di un ragazzo di 16 anni e il ferimento di due civili, secondo quanto riportato dalle autorità locali. Tra gli obiettivi colpiti, anche un edificio residenziale dove si trovava Saeed Izadi, comandante della Forza Quds – il ramo operativo esterno delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Secondo il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, Izadi è stato ucciso in un bombardamento mirato.
DOPO LE MINACCE del ministro della Difesa israeliano, Katz, il leader iraniano Khamenei, temendo un attentato, ha designato tre probabili successori.
L’Iran, superato lo shock iniziale, si sta riorganizzando e combatte su due fronti: attacchi aerei e sabotaggi interni. La sicurezza è massima, con blackout di internet e divieti di usare i cellulari tra i vertici e sorveglianza. Nonostante la crisi, il regime tiene e l’unità nazionale cresce, con solidarietà verso gli sfollati. Persino dissidenti come Narges Mohammadi, premio Nobel per la Pace, avverte: la democrazia non nasce dalla guerra.
Il portavoce dell’esercito israeliano, generale di brigata Effie Defrin, ha affermato che le forze armate stanno conducendo una «campagna prolungata» sotto la direzione del capo di stato maggiore, il tenente generale Eyal Zamir. Tra gli obiettivi: siti nucleari, impianti di arricchimento dell’uranio e infrastrutture missilistiche iraniane. «Stiamo intensificando i nostri attacchi notte dopo notte e stiamo ottenendo risultati straordinari», ha dichiarato Defrin. «Continueremo finché la minaccia non sarà rimossa».
L’INTENSIFICARSI DEL CONFLITTO tra i due paesi fa temere un suo allargamento, in un contesto già segnato da forti tensioni internazionali e da instabilità nell’intera area mediorientale. Non è facile prevedere cosa accadrà né se il piano israelo-americano per un nuovo ordine geopolitico in Medio Oriente andrà in porto. Tuttavia, è certo che il diritto internazionale resterà lettera morta, mentre molte organizzazioni internazionali scivoleranno in una sorta di letargo, alimentando l’ipocrisia globale e i doppi standard che continuano a servire gli interessi delle superpotenze.
La frattura tra i Paesi del Sud del mondo e i principali attori dell’ordine globale si approfondirà sempre più, contribuendo persino a intensificare le tensioni tra le stesse superpotenze.
Sempre di più si sta configurando un mondo “giunglizzato” in cui le superpotenze – in particolare gli Usa – non possono essere né fermate né giudicate. Non sono soggette a blocchi, non vengono colpite da sanzioni, né perseguite per le violazioni del diritto internazionale, anche se agiscono senza consenso del Consiglio di Sicurezza. Sono loro a stabilire chi punire e con quali mezzi.
Hanno il potere di bloccare le decisioni delle corti internazionali e di isolare chiunque osi cercare alleanze alternative.
IL FUTURO sarà governato dalla legge della forza, piuttosto che dalla forza della legge. Le organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, rischiano di diventare sempre più marginali e inefficaci. Gli altri Paesi saranno costretti ad accettare questa giungla globale o a prepararsi a subirne le conseguenze.
* Fonte/autore: Francesca Luci, il manifesto
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