Gaza, Israele fa di nuovo strage di civili in coda per il cibo

Gaza, Israele fa di nuovo strage di civili in coda per il cibo

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Domenica e ieri fuoco sui palestinesi in fila per il cibo Usa. Decine di uccisi. Nessuna distribuzione: è una gara crudele a chi arriva prima. I testimoni raccontano di spari dai carri armati e dai droni. La fondazione Ghf nega: tutto falso

«Cosa ci dicono gli Stati uniti e Israele? Andate a prendere il cibo, l’acqua e gli aiuti. Poi quando gli aiuti arrivano, ci colpiscono. È giusto?» Ali Wafi è giunto all’ospedale Nasser di Khan Younis insieme ai parenti per dare l’ultimo saluto al fratello Hussam, ucciso domenica mentre cercava di raggiungere il centro gestito dalla fondazione americana Ghf.

Hussam aveva 37 anni ed era padre di sei figli. Il ministero della salute di Gaza ha fatto sapere che almeno 35 persone sono state uccise domenica e 400 ferite quando i soldati hanno aperto il fuoco sulla folla che si avvicinava al centro di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation di Rafah. I militari hanno prima negato e poi dichiarato di aver sparato a un chilometro circa dalla struttura, sulle persone che si stavano avvicinando prima dell’apertura.

Lo stesso è avvenuto ieri, quando altre tre persone sono state uccise e 35 ferite. La Croce Rossa ha confermato di aver ricevuto 179 feriti domenica, compresi donne e bambini, e che ventuno sono morti.

IL GIORNO SEGUENTE altri cinquanta feriti sono stati trasportati all’ospedale gestito dal gruppo internazionale. Almeno due sono deceduti. I medici hanno descritto ferite da arma da fuoco compatibili con i racconti dei sopravvissuti: tutti hanno detto che stavano tentando di raggiungere il centro per ricevere cibo. I militari israeliani avevano annunciato la distribuzione per le sei del mattino. A migliaia si sono incamminati già prima dell’alba. «Ci hanno detto di aspettare fino alle sei e poi di incanalarci in un corridoio sicuro – ha dichiarato una sopravvissuta al massacro – Eravamo migliaia, se non di più, provenienti da Gaza City, Jabaliya, Deir al-Balah. Appena abbiamo cominciato ad attraversare il corridoio hanno aperto il fuoco da tutte le direzioni».

Tanti altri testimoni hanno raccontato che il fuoco proveniva dai carri armati, dai droni e persino dalle navi da guerra. La fondazione ha dichiarato che tutte le operazioni si sono svolte senza alcun problema e che i resoconti sono falsi.

Pur ammettendo di non controllare l’area circostante. I filmati girati dagli appaltatori statunitensi raccontano una storia di umiliazione e di sadismo che nulla ha a che vedere con le operazioni umanitarie e la solidarietà. Non esiste la «distribuzione». Ciò che la fondazione e i mercenari armati delle società statunitensi fanno è scaricare i camion in un’area molto ampia e aprire i cancelli, lasciando che migliaia di persone si contendano il cibo.

È una corsa contro il tempo e chi arriva prima spesso apre le scatole e infila nei sacchi quello che riesce a portar via. In un video circolato sui social si sentono risate e la voce di chi filma esclamare derisoria «eccoli che arrivano». Le Nazioni unite hanno chiesto un’indagine indipendente sulla strage degli aiuti. Il segretario generale Onu, Antonio Guterres, si è detto «inorridito».

L’ESERCITO ISRAELIANO ha fatto sapere che l’accaduto è «sotto esame» ma questa stessa frase è stata ripetuta decine se non centinaia di volte per le stragi di Gaza, senza portare ad alcuna conseguenza. Proprio ieri l’ex portavoce della Casa bianca con Biden presidente, Matthew Miller ha dichiarato che «i soldati israeliani hanno commesso crimini di guerra» ma che nessuno ha pagato. Miller è stato uno dei volti più noti del sostegno americano alle operazioni di Gaza.

Il capo di stato maggiore israeliano, Eyal Zamir, ha annunciato l’ampliamento delle operazioni nella Striscia. Nuovi ordini di evacuazione sono stati emessi per le zone a sud. L’esercito sta distruggendo sistematicamente strutture e abitazioni mentre bombarda gli sfollati nelle tende e nelle scuole. Le ruspe hanno distrutto il Centro di dialisi Noura al-Kaabi, l’unico centro dialisi nel nord della Striscia.

Almeno quindici palestinesi sono stati uccisi ieri a Jabaliya, di cui sei bambini e tre donne. In serata la protezione civile era ancora alla ricerca di venti dispersi sotto le macerie dell’abitazione privata. Un altro bombardamento a Nuseirat ha causato la morte di una madre con tre bambini e tre persone sono state uccise nella scuola-rifugio di Deir al-Balah.

INTANTO, HAMAS si è dichiarata pronta per nuovi colloqui indiretti con lo scopo di risolvere i «punti contesi» della proposta Witkoff. Sabato l’inviato Usa per il Medio Oriente ha rigettato le proposte di emendamenti presentate da Hamas e il gruppo palestinese lo ha accusato di essere favorevole a Israele, di cui ha invece accettato le richieste.

È chiaro che gli Stati uniti sono gli unici attualmente in grado di fare qualche tipo di pressione su Tel Aviv perché arrivi a un accordo di cessate il fuoco ma è comunque paradossale che il ruolo di arbitro venga affidato al governo che ha ideato e continua a sostenere la pulizia etnica dell’enclave nella sua ripugnante variante della «Riviera di Gaza».

* Fonte/autore: Eliana Riva, il manifesto



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