Il Centrosinistra unito manifesta a Roma per Gaza: «Siamo 300mila»

Il Centrosinistra unito manifesta a Roma per Gaza: «Siamo 300mila»

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I leader di Pd, 5S e Avs: «Governo codardo, ora riconosca la Palestina. Qui c’è l’Italia che non tace». La folla grida «unità», per il fronte progressista scommessa vinta

ROMA. I Sono le sei di sera e piazza San Giovanni è ancora piena: 300mila dicono gli organizzatori. Paolo Fresu suona Bella ciao con la sua tromba. I quattro leader del campo progressista, Schlein, Conte, Fratoianni e Bonelli si abbracciano. Dalla piazza gridano «Unità, unità».

È LA SECONDA VOLTA COSÌ, tutti insieme: lo avevano già fatto lo scorso giugno, a piazza Santi Apostoli, per protestare contro premierato e autonomia. Ma le distanze erano più forti: niente foto di gruppo. Poi si sono visti insieme sui palchi della Cgil per i referendum, e anche a Genova e Cagliari per le regionali. Però una manifestazione così grande organizzata insieme non c’era mai stata. Ieri invece, quasi involontariamente, la coalizione ha preso vita sul no allo sterminio dei palestinesi, sulla rabbia per un «governo codardo e complice» di Netanyahu. «È il modo migliore per costruire la coalizione, quasi senza dirlo, partendo dalla forza dei fatti che superano le diffidenze reciproche», commenta un dirigente Pd.

DIETRO IL PALCO LE TRIBÙ dei partiti di centrosinistra si sono mischiate per tutta la durata della manifestazione. Conte con i suoi, Schlein che abbraccia tutti i dem, i suoi fedelissimi ma anche quelli delle altre correnti: ecumenica e felice. Il suo braccio destro Igor Taruffi, si è preso un’insolazione: «Lo faccio per la causa». Laura Boldrini, avvolta in una bandiera palestinese, quasi si commuove: «Sono mesi che aspetto questa piazza». Per Rosy Bindi è un grande ritorno in piazza col suo (ex?) partito.

C’è anche Emanuele Fiano, che guida «Sinistra per Israele», figlio di un sopravvissuto ad Auschwitz, che stoicamente sopporta quasi tre ore di attacchi a un paese cui è molto legato: dei reduci della manifestazione milanese di Calenda e Renzi a Roma ci sono anche Lorenzo Guerini, Filippo Sensi e Piero Fassino, ma lui è l’unico del gruppo più vicino a Israele che resta fino alla fine. «È importante che tu sia qui con noi», lo conforta Gianni Cuperlo. Il clima del corteo non è proprio agevole. «Fuori i sionisti dal Pd», recita uno striscione.

D’ALEMA SI FERMA a salutare Vincenzo De Luca. «Finalmente siamo qua», concordano. «Dopo 60mila morti gli statisti del centrosinistra si sono svegliati», ironizza puntuto il governatore campano. L’ex premier, per una volta, è più ecumenico: «Meno male, era da tempo che si avvertiva l’esigenza di una manifestazione per Gaza, la maggior parte degli italiani condivide l’orrore per quello che accade e la protesta per l’inazione del governo italiano e dell’Europa: sospendere l’accordo Ue-Israele sarebbe un atto dovuto, c’è una palese violazione dell’articolo 2 che prevede il rispetto dei diritti umani».

CONTE ARRIVA IN RITARDO alla partenza, gli altri tre lo attendono con lo striscione in mano: «Gaza, stop al massacro. Basta complicità». La ressa di telecamere sotto il sole cocente diventa ingestibile, la gente grida «Partiamo». «Dov’è Giuseppe?», si domandano Schlein e gli altri. Il suo proverbiale ritardo diventa anche una metafora: Pd e Avs sono già molto vicini, la fatica maggiore è agganciare l’avvocato nelle operazioni unitarie. Stavolta però il leader 5s non vuole fare il bastian contrario. Anzi, cita le altre battaglie comuni, dai referendum al salario minimo all’autonomia. E ai cronisti dice: «Una piazza importante, sono le battaglie fatte insieme a creare un’idea alternativa di paese. Quando c’è un obiettivo e un progetto comune noi non ci siamo mai sottratti». Dal palco, last minute, lancia un appello: «Tutti a votare domani e lunedì». La destra s’infuria: «Usano Gaza per violare il silenzio elettorale».

DAL PALCO I DISCORSI dei leader si somigliano: bordate al governo, fermo respingimento di ogni accusa di antisemitismo, richiesta perentoria: «Meloni riconosca lo Stato di Palestina, altrimenti parlare di due stati è solo vuota retorica». «Fermiamo la pulizia etnica a Gaza, le vite dei palestinesi non valgono meno delle altre», grida Schlein, citando il famoso «Black lives matter». «Serve un embargo totale delle armi da e per Israele, lo stop al memorandum militare con Tel Aviv: quella di oggi è un’altra Italia che non tace e chiede di fermare il massacro». Conte spiega «il silenzio del governo per 20 mesi»: «Perché i palestinesi sono poveri e non potenti».

Fischi quando Bonelli cita Salvini che ha incontrato Netanyahu: «Sei la vergogna d’Italia», grida il leader dei Verdi. «Ha stretto le mani sporche di sangue», gli fa eco Conte. Altri fischi. «Come fate a dormire la sera?», domanda Fratoianni ai ministri. Definisce la piazza «oceanica». «Qui c’è l’emozione potente dell’indignazione, di chi non è disposto a essere complice di fronte al genocidio. E le emozioni possono essere una potente leva di trasformazione politica». «Siamo qui uniti. E da oggi ancora di più», il suo appello.

SFILANO GLI ORATORI. Rula Jebreal, molto applaudita, insiste sulla parola «genocidio»: «Le cose vadano chiamate col loro giusto nome, altrimenti non le vediamo, ed è l’unico modo per fermare quello che succede a Gaza». Ovazioni anche per Iddo Elam, 18enne israeliano, che è stato in carcere per aver detto no al servizio militare: «Ci chiamano traditori e antisemiti, ma criticare i crimini del governo fascista di Netanyahu non è antisemitismo. «Il carcere per me è un piccolo prezzo da pagare per non aver partecipato al massacro dei palestinesi. Continuerò a combattere per la pace». «Esiste un’altra Israele che merita di essere salvata», dice Anna Foa.

«Il piano di sostituire i palestinesi a Gaza con delle colonie è nato prima del 7 ottobre», ricorda Luisa Morgantini. Gad Lerner fa un discorso coraggioso, in cui si definisce «sionista che è diverso da fascista», suscitando qualche fischio. Qualcuno gli grida «Vai a casa». Lui replica: «No, io resto qui, i gruppi dirigenti di Hamas e di Netanyahu si somigliano nel loro fanatismo, la convivenza dei due popoli è l’unico sbocco razionale». Cita Primo Levi, definisce la Shoah e la Nakba «sinonimi», invita la piazza a sostenere i dissidenti che sono «l’unico antidoto ai fondamentalismi».

«Non possiamo più tollerare l’indifferenza che ha contraddistinto almeno 16 dei 18 mesi successivi al 7 ottobre», dice il presidente dell’Arci Walter Massa. «Non può esserci equidistanza davanti a questa invasione feroce», gli fa eco il collega delle Acli Emiliano Manfredonia, che ringrazia e i leader per aver convocato la piazza insieme: «La gente vi vuole insieme». Per un giorno è successo davvero. E sarà difficile fermare questo treno.

* Fonte/autore: Andrea Carugati, il manifesto



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