Intervista a Richard Falk. «Tribunale Gaza, società civili per fermare il genocidio»

Intervista a Richard Falk. «Tribunale Gaza, società civili per fermare il genocidio»

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 Il giurista ed ex relatore speciale Onu per i Territori occupati: «La corte persegue un intento di natura etica e morale, con l’obiettivo di intervenire con urgenza. Seguiamo l’esempio dell’apartheid in Sudafrica: boicottaggio, blocco commerciale, embargo di armi»

«Il genocidio a Gaza perpetrato da Israele e da governi complici, questo “crimine dei crimini” dell’umanità, alla base dei principi universali dello statuto delle Nazioni unite, è giunto a un punto critico di sterminio malgrado le procedure avviate dalla Corte internazionale di Giustizia (Cig) e dalla Corte penale internazionale (Cpi). Va bloccato immediatamente. A tal fine è stato istituito nel novembre 2024 a Londra il Tribunale Gaza, da me presieduto. È un progetto della società civile globale sulla conduzione della “Legitimacy War” tra Israele e il popolo palestinese».

È in questi gravi termini di denuncia che Richard Falk, luminare giuridico internazionale, ex relatore speciale delle Nazioni unite per i Territori palestinesi occupati e presidente del Tribunale Gaza, esordisce nell’intervista a il manifesto.

Ritiene che i tribunali internazionali, la Cpi e la Cig, abbiano fallito nel bloccare i crimini di genocidio a Gaza?
Non ritengo giusto concludere che questi tribunali internazionali abbiano fallito nel bloccare gli attacchi genocidari di Israele, ovvero i crimini contro l’umanità commessi da Israele e dai suoi leader politici. Ritengo piuttosto che esistano dei limiti giuridici e che le decisioni delle Corti siano state disattese sia da Israele sia dai membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Quali sono la funzione e gli obiettivi del Tribunale Gaza?
Il Tribunale istituito a Londra, con sessioni già varate con successo di recente ad Alicante in Spagna e a Sarajevo dal 25 al 29 maggio scorso, in questo contesto di ordine globale è stato concepito come un progetto della società civile globale riguardo la conduzione della “guerra” tra Israele la popolazione palestinese. La violenza dell’attacco israeliano a Gaza, iniziata dopo il 7 ottobre, accompagnata dal diniego di Israele a ottemperare a regole e misure intimate dai tribunali internazionali, ha provocato un crescente disgusto morale nella popolazione mondiale. Il Tribunale Gaza sta raccogliendo velocemente prove documentate attraverso le testimonianze di esperti qualificati e testimoni sopravvissuti. È composto di tre settori, ciascuno composto da dieci specialisti nel documentare le violazioni del diritto internazionale e delle misure decise e approvate dalla Corte internazionale dell’Aja. Il risultato verrà presentato a una “giuria di coscienza”, composta da esperti legali, scienziati politici, responsabili per la preparazione delle risposte orali e scritte. Il Tribunale persegue un intento di natura etica e morale, non ha la pretesa di essere un tribunale giuridico, né legato alla geopolitica. Non ha i limiti dei tecnicismi legali e burocratici che richiedono lungaggini e non risultano rapidi. È un tribunale apertamente di parte, ma con l’obiettivo di intervenire con urgenza di fronte all’evidente urgenza umanitaria a Gaza attraverso azioni di mobilitazione civile a livello mondiale, boicottaggio, blocco commerciale, embargo di armi, seguendo gli esempi storici della guerra in Vietnam e dell’apartheid in Sudafrica.

Come interpreta il silenzio e la complicità dell’Europa e di paesi con un passato nazista e fascista come Germania, Francia e Italia, nello sterminio della popolazione di Gaza?
La storia ci aiuta a comprendere e spiegare la complicità dei governi democratici europei. La prima, e la più ovvia spiegazione, va ricercata nel senso di colpa per la lunga tradizione di antisemitismo europeo, culminata nell’Olocausto. La Germania ha un senso di colpa ormai connaturato ma purtroppo, per superare il passato, ha optato di schierarsi dalla parte di Israele e non dalla parte dei palestinesi che stanno subendo un genocidio. Questa interpretazione odierna riguarda esclusivamente il passato, riguarda l’identità della vittima di allora, ovvero gli ebrei, e non il ripudio di un nuovo genocidio e l’impegno perché non si ripeta. La seconda spiegazione, implicita nella natura politica della destra europea che ha le sue radici nella purificazione razziale e religiosa, vede negli ebrei israeliani il baluardo contro il mondo islamico in Medio Oriente, li rende portabandiere del suprematismo bianco, una riedizione delle crociate nel contesto del mondo moderno. Israele, nel post guerra fredda, esercita la funzione di contenere l’espansione islamica in Medio Oriente, nella replica della tesi dello scontro di civiltà di Sam Huntington. Il vero nemico, per questi paesi europei, è l’Iran, un paese non arabo considerato apertamente ostile nei confronti dell’occidente bianco e principale nemico di Israele.

Il recente tour di Trump negli Stati del Golfo potrebbe avere delle conseguenze per la popolazione di Gaza?
Non c’è dubbio che la recente visita di Trump nel Golfo porterà delle conseguenze per Gaza, ma al momento non si conoscono. Da un lato, potrebbe rappresentare la prima fase di un rapporto con Israele molto diverso dell’appoggio incondizionato della presidenza Biden. Un atteggiamento diverso, trumpiano, che mira da una parte a evitare un attacco di Israele all’Iran attraverso il negoziato sul programma nucleare di Teheran e a prevenire un’estensione della guerra a tutta la regione mediorientale, dall’altro appoggia apertamente l’estremismo di Netanyahu per quanto riguarda la pulizia etnica dei palestinesi di Gaza.

* Fonte/autore: Patricia Lombroso, il manifesto



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