La protesta francese contro il Paris Air Show: «Guerre à la guerre»

La protesta francese contro il Paris Air Show: «Guerre à la guerre»

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Parigi. Week-end dei movimenti al salone aerospaziale. Israele tra gli espositori, anche se cinque stand su nove sono stati oscurati

PARIGI. «Guerra alla guerra», perché la guerra serve a «riconfigurare i bilanci a scapito dei servizi pubblici», perché «la militarizzazione è sempre l’opzione scelta dagli stati imperialisti per dividersi il mondo e stabilizzarsi in tempo di crisi» e perché «all’interno delle grandi potenze, accentua la fascistizzazione delle istituzioni mediatiche e politiche». Così recita l’appello dei movimenti francesi che in questi mesi hanno costruito un’ampia coalizione in vista di un weekend di proteste il 20-22 giugno contro il Paris Air Show a Le Bourget, in periferia di Parigi, uno dei più importanti saloni dell’industria aerospaziale e bellica.

Tra le organizzazioni che promuovono l’appello ci sono Urgence Palestine, la principale del movimento pro-palestinese in Francia, i collettivi ebraici antisionisti Tsedek! e l’Union juive française pour la paix, il network contro le violenze della polizia Verité et Justice e il movimento ecologista Les soulèvements de la Terre.

Nel corso del weekend di proteste, sabato 21 si svolgerà una manifestazione «contro il salone di Le Bourget», per dire «no all’economia di guerra, no al business della morte, no alla presenza di Israele al salone». Mentre «il genocidio a Gaza e la colonizzazione dei territori palestinesi continuano con il sostegno senza condizioni delle potenze occidentali, il salone di Le Bourget sarà l’occasione per Israele di esporre le sue armi la cui efficacia è stata provata sui civili palestinesi, oltre a offrire la possibilità di siglare nuovi contratti con aziende del mondo intero, in particolare di gruppi francesi come Thales o Safran», si legge nell’appello degli organizzatori.

Il salone di Le Bourget ha aperto le porte lunedì per la 55esima edizione dell’evento, in piena guerra israelo-iraniana e con sullo sfondo il genocidio in corso a Gaza. Nonostante ciò, Israele è stata ammessa tra gli espositori, anche se cinque stand su nove della delegazione di Tel-Aviv sono stati provvisoriamente chiusi dalle autorità francesi.

Dal 7 ottobre in poi, diverse inchieste giornalistiche e rapporti di Ong hanno rivelato come l’industria delle armi francesi abbia continuato a fare affari con l’esercito israeliano, malgrado gli imperativi del diritto internazionale e le conseguenze per i palestinesi.

Una settimana fa, una rete di Ong francesi – tra le quali Attac e Bds France – hanno pubblicato un dettagliato rapporto sulle vendite di armi a Israele. Secondo gli estensori del documento, vi è un «flusso ininterrotto» di materiale bellico che viene venduto da aziende francesi a entità israeliane dall’ottobre 2023, malgrado «il genocidio a Gaza e la colonizzazione israeliana siano ormai al parossismo», si legge nel rapporto.

Il 4 e il 5 giugno scorso, il media francese Disclose ha rivelato in due inchieste che un cargo israeliano si apprestava a caricare al porto di Marsiglia 14 tonnellate di componenti per fucili mitragliatori fabbricati dall’azienda bellica francese Eurolinks e dei componenti di artiglieria. La notizia aveva provocato la mobilitazione dei portuali locali e di quelli di Genova, dove il battello avrebbe dovuto fare scalo successivamente, che hanno impedito che i container venissero caricati.

Sempre Disclose ha rivelato che il colosso militare francese Thales ha fornito componenti elettroniche ai fabbricanti di droni israeliani tra il 2018 e il 2023, componenti «suscettibili di essere utilizzati nei bombardamenti contro i civili palestinesi», ha scritto il media d’inchiesta francese.

A fine 2024, il giornale d’inchiesta Mediapart ha pubblicato un rapporto segreto del governo sulle vendite di armi francesi a Tel-Aviv. Secondo Mediapart, nel 2023 la Francia aveva venduto armi a Israele per un valore complessivo di circa 30 milioni di euro e, all’epoca, il governo aveva rifiutato di chiarire se tali consegne fossero avvenute prima o dopo l’inizio della guerra a Gaza.

* Fonte/autore: Filippo Ortona, il manifesto



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