Media a Gaza, un appello che non sottoscriviamo

Media a Gaza, un appello che non sottoscriviamo

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Diversi quotidiani pubblicano oggi il testo di un appello al governo italiano, chiedono che si adoperi per far entrare i giornalisti internazionali nella Striscia di Gaza. Il manifesto non aderisce all’iniziativa. Spieghiamo ai lettori la nostra scelta

Diversi quotidiani pubblicano oggi il testo di un appello al governo italiano, chiedono che si adoperi per far entrare i giornalisti internazionali nella Striscia di Gaza.

Il manifesto non aderisce all’iniziativa, malgrado abbia partecipato alla riunione organizzata dall’Ordine dei giornalisti tra i direttori per preparare l’appello.

Spieghiamo ai lettori la nostra scelta.

Consideriamo l’appello tardivo – il che è un difetto ma superabile (meglio tardi che mai) – e lo consideriamo reticente, il che è un male insuperabile.

In quel testo si dice che a Gaza si sta consumando un’immane tragedia, chi e come la stia causando bombardando e affamando centinaia di migliaia di persone non è scritto.

Abbiamo proposto che, come minimo, le responsabilità del governo di Israele fossero chiaramente indicate. Ci è stato risposto che la condizione per avere l’adesione di tutti i giornali era non modificare la formulazione impersonale del testo. E che ragioni di tempo non consentivano di approfondire il confronto, come pure chiedevamo.

Questa fretta, che arriva dopo venti mesi di assedio ai civili, non è un argomento valido, tanto più che appelli del genere sono stati già proposti dai media internazionali a partire dal novembre 2023.

Appelli rivolti a Israele per chiedere che smetta di uccidere deliberatamente i giornalisti nella Striscia – nell’appello italiano non c’è neanche questo.

Lo consideriamo dunque un passo indietro, persino rispetto ai timidi segnali di informazione meno reticente sulle responsabilità di Israele che avevamo colto nelle ultime settimane.

Naturalmente il manifesto condivide la speranza che gli inviati internazionali possano entrare presto nella striscia, in condizione di poter lavorare fuori dal controllo israeliano. Aggiungendo così i loro racconti a quelli che hanno fatto in questi mesi i giornalisti palestinesi da Gaza, ammazzati per questo a centinaia. E testimoniando, più di quanto non sia possibile già oggi, la condotta disumana e criminale del governo Netanyahu.

* Fonte/autore: Andrea Fabozzi, il manifesto



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