Quel gesto del pompiere di Torino, quando una bandiera diventa poesia

Quel gesto del pompiere di Torino, quando una bandiera diventa poesia

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Un gesto serve, come quel gesto di pochi secondi agito dal Vigile del fuoco di Torino, quando gli è stato dato l’ordine di rimuovere la bandiera della Palestina dalla statua equestre di piazza San Carlo

C’è questo libro di poesie pubblicato da Fazi editore (mi sento di consigliarne lettura e acquisto: per ogni copia venduta 5 euro vanno a Emergency), si chiama Il
loro grido è la mia voce, ha una prefazione di Llan Pappé, raccoglie poesie di dieci autori palestinesi.

Nel libro ci sono interventi di Susan Abulhawa e Chris Hedges, vari testimonial leggono una poesia, ciascuno sceglie quella che più gli si addice, Moni Ovadia quella di Tatour, Diodato quelle di Elqedra. Con la poesia è così, lo dice anche ingenuamente Massimo Troisi nella sceneggiatura del film tratto da Il postino di Neruda, l’ultimo suo film: «La poesia è di chi gli serve».

La poesia è un gesto: lì dove torce il verso, lì ottiene quel movimento, in noi che la leggiamo, che ci richiama alla vita. Un gesto serve, come quel gesto di pochi secondi agito dal Vigile del fuoco di Torino, quando gli è stato dato l’ordine di rimuovere la bandiera della Palestina dalla statua equestre di piazza San Carlo. L’ha fatto, immaginiamo che nessuno possa dirgli nulla, ma non ha solo eseguito l’ordine: nello smontarla si è girato verso i manifestanti che l’avevano issata e l’ha fatta sventolare per qualche istante. Uno, due, tre volte e, invece di Emanuele Filiberto in bronzo, esiste e vive lo stato della Palestina, nelle mani di un uomo in divisa. Nel video che lo mostra, raccolto da Pier Francesco Caracciolo, tutto viene eseguito velocemente e in silenzio, si sente sbrigativa una voce che gli dice qualcosa tipo: «Va bene bravo adesso scendi».

Il vigile disegna un verso nell’aria, fa un gesto poetico, e chi lo guarda pensa a se stesso, come dice Troisi, pensa – che brutta cosa dover eseguire un ordine così -, oppure – un ordine è un ordine -. Oppure – io che avrei fatto?

Se nulla avesse fatto, nulla sarebbe accaduto.

E invece quel vigile ci racconta che non c’è un solo modo per obbedire, non c’è mai un vicolo cieco per la libertà, c’è sempre un attimo in cui si può scegliere senza far del male a nessuno ma invece arrecando un bene incommensurabile. Come per la poesia, torce il verso e ci richiama alla vita. Prendiamo quel segno e siamo tutti più liberi, apparteniamo tutti ancora alla stessa specie, quella che condanna la sofferenza e ama la convivenza dei popoli. Nella raccolta di cui dicevo all’inizio c’è una poesia di Haidar al Ghazali, che inizia così: «Vieni che sistemiamo l’alfabeto degli universi/ segnerò l’appuntamento sopra le tue colline».

Questo ha fatto quel Vigile del fuoco: ha sistemato l’alfabeto degli universi sulle colline di Primo Levi.

* Fonte/autore: Valeria Parrella, il manifesto



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