Warfare. Riarmo Nato: il 5% del Pil andrà alla difesa entro il 2035

Warfare. Riarmo Nato: il 5% del Pil andrà alla difesa entro il 2035

Loading

Spese militari. La Spagna dice no: «Incompatibile» con la tenuta del Welfare. Una vittoria di Trump al vertice dell’Aja il 23 e il 24 giugno. L’economia di guerra impone un salasso che sarà pagato con tagli e tasse

Il vertice Nato con Donald Trump previsto all’Aja in Olanda il 24-25 giugno si preannuncia poco formale e molto preoccupante. A dividere gli alleati atlantici c’è anche la ridefinizione del concetto di «difesa» e l’ambizione, imposta dagli Stati Uniti e veicolata dal segretario della Nato Mark Rutte, di portare la spesa aggregata per la difesa al record del 5% del Pil: 3,5% per la «difesa militare» e 1,5% per la «sicurezza nazionale allargata». È stato presentato come un approccio più «flessibile». In realtà è anche opaco. Ieri si è parlato di un «catalogo» delle spese ammissibili che resterà «classificato», cioè sottratto al controllo democratico. Si starebbe pensando di rendere pubblici almeno i princìpi. Trump dirà di avere vinto sugli «alleati scrocconi europei». Questi ultimi dovranno cercare un modo per confondere le opinioni pubbliche su una decisione devastante.

OLTRE AI TRADIZIONALI strumenti di morte (cannoni, missili, mine antiuomo, cacciabombardieri), l’elenco quasi «segreto» includerebbe infrastrutture civili strategiche, tecnologie cyber-qualcosa contro «minacce ibride» e l’immancabile «resilienza», stavolta pensata per le forze armate. Ogni governo dovrà comunicare annualmente a Bruxelles soltanto i totali aggregati, lasciando ampia discrezionalità su cosa far rientrare nel conteggio. In pratica persino altri ponti sullo Stretto di Messina potranno rientrare nel conteggio. Gli interessi delle lobby legate alle «grandi opere», e quelli elettorali, saranno protetti dai militari.

IL GOVERNO SPAGNOLO guidato dal socialista Sanchez ieri ha preso posizione, cercando qualche margine di ambiguità. La Spagna, attualmente con una spesa per la difesa attorno all’1,3% del Pil, si troverebbe di fronte a una moltiplicazione quasi quadrupla della spesa necessaria per raggiungere il 5%. Per Sanchez un simile aumento, da realizzare entro dieci anni, cioè il 2035 (l’accordo sarebbe stato raggiunto ieri), è finanziariamente e politicamente insostenibile. Non si tratta solo di percentuali, né solo del metodo di calcolo delle risorse necessarie all’industria europea che potrebbe essere costretta a affidarsi agli Usa per sostenere lo sforzo auspicato. Si tratta di una diversa concezione del ruolo della Nato, della legittimità delle pressioni transatlantiche sulla politica interna e sul futuro del Welfare, la prima vittima del rinato militarismo.

IN UNA LETTERA inviata al segretario della Nato Rutte, Sanchez ieri ha auspicato «una formula più flessibile» sugli obiettivi di spesa e ha spiegato che l’unico modo di scalare la vetta del 5%, per la Spagna, e per altri paesi, sarà imporre «tasse più alte per la classe media» e «tagli ai servizi pubblici e alle prestazioni sociali». Misure che potrebbero anche ostacolare l’attività economica e indebolire la capacità spagnola di investire nella difesa. Per Sanchez una spesa del 2,1% del Pil è sufficiente per raggiungere gli obiettivi fissati. «L’obiettivo principale», a suo avviso, dovrebbe essere quello di garantire una crescita elevata negli Stati membri per «aumentare la spesa reale in modo sostenibile». «È diritto legittimo di ogni governo decidere se è disposto o meno a fare questi sacrifici», ma «abbiamo scelto di non farlo».

ALL’AJA LA NATO ha bisogno del consenso unanime dei paesi membri per soccorrere il complesso militare-industriale transatlantico. Per evitare guai Sanchez ha suggerito di inserire nella dichiarazione del vertice «una formula più flessibile» che renda «l’obiettivo di spesa facoltativo o escluda la Spagna dall’applicazione» del 5 per cento. In discussione ci sarebbe anche l’ipotesi di un altro tipo di compromesso, cioè una dilazione dell’obiettivo al 2040, o una maggiore flessibilità nella definizione delle voci ammissibili, oppure una soluzione intermedia.

C’È UN ALTRO PROBLEMA di fondo da considerare. È quello che ha posto ieri il ministro italiano dell’Economia Giancarlo Giorgetti: i paesi sottoposti come l’Italia a procedura d’infrazione per deficit eccessivo, e con un debito pubblico altissimo, avranno una capacità ridotta di aumentare le spese militari e, visto che dovranno farlo, aumenteranno i rischi di tenuta sociale per compiacere Trump. Così si potrebbero creare altre «asimmetrie» tra economie ad alta capacità fiscale (Polonia, Usa o Germania), e quelli con vincoli di bilancio. L’Italia armata sarà chiamata a pagare 145 miliardi di euro ogni anno dal 2035 e 10 miliardi in più a partire da quest’anno per i prossimi 10, ha stimato l’Osservatorio Milex.

* Fonte/autore: Roberto Ciccarelli, il manifesto



Related Articles

Debito, tasse, welfare, inizia la trattativa con la Troika

Loading

Il responsabile del programma economico di Syriza, Yannis Milios, ha lanciato il sasso, dicendo che gli accordi sottoscritti dai precedenti governi con la Troika per il salvataggio della Grecia «sono morti»

Oltre 400 migranti sulla Ocean Viking, salvati anche 12 donne incinta e molti bambini

Loading

In attesa di un porto sicuro. L’Oim: «Più di 2.000 persone ancora rinchiuse nei centri in condizioni atroci»

Nella notte berlinese una decisione contro l’Europa e i migranti

Loading

Il compromesso stretto tra Merkel e Seehofer sulla pelle dei migranti e ai danni dell’Europa

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment