Hamas salda i conti con la milizia di Abu Shabab foraggiata da Israele

La prova di forza contro i mercenari sostenuti dal governo Netanyahu serve anche a dimostrare il controllo che il movimento islamista mantiene su ampie porzioni della Striscia
GERUSALEMME. Yasser Abu Shabab e le sue «Forze popolari» presto potrebbero essere costretti a cercare rifugio in Israele (o nel Sinai), se l’esercito dello Stato ebraico non interverrà per difenderli. Lo scontro tra il movimento islamista Hamas e il beduino palestinese collaborazionista di Israele sta per trasformarsi in un conflitto aperto, senza esclusione di colpi. In un comunicato durissimo diffuso ieri, la leadership di Hamas ha intimato ad Abu Shabab di consegnarsi entro dieci giorni, altrimenti sarà processato «in contumacia» per tradimento, spionaggio, collaborazione con entità ostili, formazione di banda armata.
Il regolamento dei conti, in realtà, è già cominciato. Dopo il 5 giugno – quando Benyamin Netanyahu, l’esercito e i servizi d’intelligence israeliani hanno ammesso di aver fornito armi, uniformi ed equipaggiamento alla milizia di Abu Shabab – i combattenti delle «Brigate Qassam» di Hamas hanno colpito in più occasioni le postazioni delle «Forze popolari», provocando morti e feriti: almeno 50, secondo fonti locali a Gaza. Almeno in un’occasione, le forze israeliane sono intervenute massicciamente per fermare Hamas, che stava per avere il sopravvento sulla milizia collaborazionista, accusata anche da Ong internazionali di saccheggio sistematico degli aiuti destinati alla popolazione e di protezione di reti criminali. Il 29 maggio, decine di miliziani delle «Forze popolari», scortati – secondo testimoni palestinesi – da carri armati israeliani, hanno attaccato un centro di distribuzione di aiuti vicino a Rafah, uccidendo 14 civili e ferendone altri 10.
Nascosta nei quartieri orientali di Rafah, protetta dall’esercito israeliano, la milizia di Abu Shabab si prepara a resistere. Dalla sua parte ha il governo Netanyahu, che non intende rinunciare al ruolo assegnato alle «Forze popolari»: contribuire a destabilizzare Hamas. Contro le valutazioni generali, Israele vede in Abu Shabab il capo della forza armata della futura amministrazione di Gaza, alternativa ai leader di Hamas e anche ad Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale palestinese. La maggior parte degli analisti palestinesi, tuttavia, non considera Yasser Abu Shabab in grado di competere con Hamas, né sul piano politico, né su quello militare o sociale.
«Abu Shabab è solo un attore tattico e temporaneo, non potrà mai contrastare Hamas che, dopo quasi due anni di guerra, controlla almeno in parte Gaza e continua a sfidare e a infliggere perdite e danni all’esercito israeliano» ci dice Aziz Kahlout, giornalista a Gaza. «Le forze di Abu Shabab – aggiunge – non superano le poche centinaia di uomini. Non hanno né una formazione militare strutturata, né l’esperienza di guerra urbana o di guerriglia che caratterizza Hamas e le altre fazioni storiche come il Jihad Islamico e il Fronte Popolare. La loro esistenza dipende interamente dalla presenza militare israeliana a Gaza».
Per Hamas, lo scontro frontale con le «Forze popolari» di Abu Shabab è anche un modo per riaffermare la propria capacità di controllo militare e politico su parte della Striscia, smentendo la narrazione israeliana secondo cui sarebbe ormai «sul punto di crollare». Le sue capacità belliche – e quelle delle altre forze palestinesi – sono limitate, e migliaia di combattenti sono stati uccisi. Eppure, anche negli ultimi giorni, Hamas ha dimostrato di essere in grado di colpire con azioni di guerriglia e agguati tra le macerie, mezzi e uomini dell’esercito israeliano. A giugno, Israele ha perso 20 soldati in combattimento a Gaza, sette dei quali in un solo attacco a est di Khan Younis, a causa dell’esplosione e dell’incendio di un veicolo per il trasporto delle truppe. Hamas conserva capacità di comunicazione a più livelli e continua a utilizzare la rete di tunnel per spostamenti e attacchi a sorpresa.
Più debole è la sua struttura amministrativa civile, e ha perduto parte del consenso popolare di cui godeva fino a due anni fa. Tuttavia, importanti segmenti della popolazione di Gaza continuano a riconoscere l’autorità di Hamas. L’analista Ahmed Rafiq Awad spiega che «Hamas punta a preservare la sua funzione militare e politica simultaneamente, evitando di cedere nel negoziato, mentre rafforza la propria posizione nel conflitto attuale». Per il suo collega Suleiman Bisharat, «la resistenza palestinese, con Hamas alla testa, non sarà emarginata e continuerà a giocare un ruolo politico cruciale, grazie anche all’insostenibilità delle alternative».
Hamas mantiene inoltre una funzione politico-identitaria forte, laddove la popolazione percepisce i gruppi rivali come forze mercenarie. È disarticolato, ma lontano dall’essere estinto, come afferma Israele.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto
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