Obama-Sarkò-Merkel Al G20 il direttorio cerca la sponda Usa

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NEW YORK — Sabato sera Barack Obama è andato in smoking al gala degli italoamericani della Niaf a parlare di amore e gratitudine per la ricchezza intellettuale che il nostro Paese ha dato al mondo. Solo un rapido accenno alla ricchezza finanziaria che, invece, è svanita; alle difficoltà  economiche attuali dell’Europa e dell’Italia che, ha detto, saranno al centro del G20 di Cannes. Dopodomani, appena atterrato in Francia, queste difficoltà  economiche — in realtà  una crisi drammatica — il presidente americano le discuterà , a porte chiuse e presumibilmente in maniche di camicia — col presidente francese Nicolas Sarkozy e col cancelliere tedesco Angela Merkel prima dell’inizio ufficiale dei lavori del vertice.
Al di là  dell’ennesima esclusione del premier italiano Silvio Berlusconi da questo tipo di consultazioni (tanto sull’euro quanto sulla Libia, Obama in questi mesi ha dialogato sempre con Berlino e Parigi per telefono o in videoconferenza, tagliando fuori Roma), colpisce che dopo mesi e mesi di vertici e accordi a raffica, l’Europa non riesca ancora a presentarsi con un’unica faccia almeno a un vertice importante come questo G20.
Dal punto di vista americano l’allarme è comprensibile e, forse, anche la scelta degli interlocutori per questo briefing riservato. Obama ha giudicato positivamente l’accordo raggiunto a Bruxelles la scorsa settimana, ma l’ha definito subito «un primo passo»: prima ancora che l’iniziale euforia dei mercati lasciasse improvvisamente il passo a un’altra ondata di sfiducia.
«La nostra fiducia c’è ancora» ha detto ieri il sottosegretario al Tesoro Usa Lael Brainard. «Fortunatamente l’Europa ha le risorse e la capacità  di affrontare i rischi che ha di fronte. Noi continueremo ad appoggiare la Ue nei suoi sforzi di fronteggiare la crisi, insieme al Fondo monetario internazionale e ai partner del G20». Quelle del vice di Tim Geithner, il responsabile del Tesoro per i rapporti internazionali che sta lavorando attivamente alla preparazione del vertice sulle rive del Mediterraneo, sono parole di incoraggiamento che, però, contengono implicitamente anche un monito.
Alle prese con una congiuntura interna difficilissima, con una disoccupazione sempre molto elevata e una ripresa produttiva assai debole che può trasformarsi in recessione al minimo incidente, il presidente Usa chiede da tempo ai Paesi europei con le spalle più robuste una maggiore assunzione di responsabilità . Solo così si può sperare di tranquillizzare davvero i mercati, arginando un’instabilità  che altrimenti rischia di avere effetti disastrosi per tutti. Obama, però, fin qui ha visto un accordo tra i partner europei significativo, sì, ma i cui contorni operativi sono ancora tutti da verificare, mentre la Banca centrale europea, pur impegnata nell’acquisto di titoli pubblici dei Paesi in difficoltà , viene mantenuta ai margini. La Bce non ha impegnato nuove risorse nella crisi dell’euro come i mercati avrebbero voluto.
In questa situazione, le novità  forse più significative sono quelle venute dall’esterno dell’Europa: la disponibilità  della Cina a intervenire per evitare il collasso dell’euro e l’annuncio del Fondo monetario internazionale di una revisione dei suoi strumenti e delle sue politiche che sembra preludere a un suo impegno ancora maggiore nella crisi. L’America, a sua volta soffocata dalla spirale di un debito pubblico che rischia di finire fuori controllo, non è in grado di fornire sostegni finanziari, ma ha la sua da dire sia perché l’accresciuto ruolo di Pechino qualche preoccupazione la suscita, sia perché l’Fmi, che è già  molto esposto con l’Europa, ampliando il suo impegno entrerà  in un terreno per lui sconosciuto: una sorta di salto di qualità  nella sua strategia di assunzione dei rischi che dovrà  essere autorizzato dai grandi azionisti del Fondo, a cominciare proprio dagli Stati Uniti, il maggiore in assoluto.
L’Italia, in questo scenario, è solo un soggetto passivo, un fattore di vulnerabilità . Metterlo in sicurezza (insieme ai Paesi oggi più esposti) è un problema politicamente molto grosso. Finanziariamente, però, pensano alla Casa Bianca, la chiave della soluzione ce l’ha solo l’Europa della «Tripla A»: vale a dire la Germania e, almeno in parte, la Francia.


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