Addio politiche di spesa È questa l’unica riforma

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Tra tante riforme annunciate, sarà  l’unica realizzata. E peserà  più di un’ipoteca sui prossimi governi. L’attenzione si è presto allontanata da questo provvedimento «storico» e oggi ci sarà  l’ultimo, rassegnato voto dei senatori. Nel frattempo Lusi ha dimostrato di avere una sua idea dei bilanci in ordine, la procura di Roma sta cercando di capire quale. 
L’introduzione del bilancio vincolato in Costituzione – sarà  possibile aumentare il debito solo «al verificarsi di eventi eccezionali» e con l’appoggio della maggioranza assoluta dei due rami del parlamento – è la prima riforma costituzionale che il parlamento riesce ad approvare da cinque anni a questa parte, bisogna risalire dunque alla breve esperienza del governo di centrosinistra. Ma è la prima riforma di sostanza dai tempi della «devolution» di Berlusconi e Calderoli che fu poi bocciata dal referendum nel 2006.
Questa volta non ci sarà  nessun referendum, perché come prevede l’articolo 138 della Carta, la riforma non si tocca se nella seconda deliberazione le camere si esprimono con una maggioranza dei due terzi dei componenti. Alla camera dei deputati il 6 marzo scorso questa maggioranza è stata largamente raggiunta (solo 3 contrari e 19 astenuti), al senato anche è andata così quando c’è stato il primo passaggio. E allora i tanti appelli che circolano per convincere i senatori a concedere almeno la possibilità  che i cittadini si esprimano con il referendum sono destinati a cadere nel vuoto. Il Pd è più che favorevole alla modifica, anche l’Idv, perfino la Lega aveva votato a favore nel primo passaggio. Monti lo chiede, l’Europa – si dice – lo impone.
Non è esattamente così. L’Europa ha chiesto – con una dichiarazione congiunta dei capi di stato e di governo del dicembre scorso – che l’obbligo di pareggio fosse recepito dagli stati «a livello costituzionale o equivalente». E ha previsto la possibilità  di uno scostamento minimo – lo 0,5% del Pil nominale – che il legislatore italiano si è preso il lusso di ignorare. Più recentemente, seguendo l’ordine della Germania, il «Fiscal Compact» approvato il 2 marzo scorso ha previsto che gli stati europei adottino il vincolo di bilancio con «disposizioni nazionali vincolanti, preferibilmente di natura costituzionale». Il «Fiscal compact», peraltro, non è stato ancora ratificato dal parlamento italiano. Bersani, anzi, è andato a Parigi dieci giorni fa per unirsi alle critiche del candidato socialista Hollande alla rigidità  monetaria. I senatori del Pd avrebbero molte buone ragioni per far pesare queste intenzioni, oggi.
Ma non lo faranno. Anche chi è consapevole di paralizzare in questo modo il più potente strumento di politica economica, la spesa pubblica, pensa che una legge costituzionale si potrà  in qualche modo aggirare, alla bisogna. Un calcolo azzardato, oltre che ipocrita, che facilmente si rivelerà  sbagliato: solo un altro governo di unità  nazionale potrà  disporre in parlamento della maggioranza necessaria ad autorizzare il deficit. A meno che il piano non sia proprio questo.
E a proposito di scarsa sincerità , il governo Monti, che in Europa ci tiene a passare come uno scolaro diligente, ha appena imposto alle camere di passare sopra un evidente violazione dell’articolo 81 della Costituzione. La ragioneria generale dello stato ha contestato la mancata copertura di alcune norme contenute nel decreto sulle liberalizzazioni, il problema è stato persino riconosciuto dal ministro Giarda in aula. Ma lo sforamento è rimasto e la legge è passata con la fiducia.
Non c’è fiducia possibile sulle leggi costituzionali e non ce ne sarà  bisogno oggi in senato – e sarà  la prima volta per questo governo che con le fiducie sta andando avanti. Ed è quasi certo che la riforma dell’articolo 81 resterà  l’unica riforma costituzionale realizzata da questo parlamento. Peraltro in tempi record, se si considera che il provvedimento è stato risvegliato dal sonno delle commissioni alla camera giusto una settimana dopo l’avvento di Monti a palazzo Chigi.
L’aula della camera gli ha dedicato in tutto, per due passaggi, quattro mattine e tre pomeriggi, il senato solo sei ore di discussione. L’ispirazione originale fu di Tremonti, il primo a rispondere alla chiamata europea già  nell’agosto dell’anno scorso. Anzi, il governo Berlusconi per il pareggio di bilancio in Costituzione organizzò anche il surreale ritorno dei parlamentari a Roma in pieno agosto. Un’inutile riunione delle commissioni di camera e senato che doveva servire a dimostrare la determinazione del centrodestra, ma era ormai troppo tardi. Per completare l’opera doveva arrivare Monti.


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