La sinistra e la crisi
Nelle analisi avviate su l’Unità da Alfredo Reichlin (14 e 15 aprile) e Nadia Urbinati sono contenuti spunti che non vanno lasciati cadere. Si cercano le risposte al perché della crisi profonda che ha colpito soprattutto l’Europa, ma che accomuna anche altri grandi Paesi, dagli Usa al Giappone. Reichlin esorta a non far uscire dall’orizzonte politico l’origine della crisi, «la ferocia e la potenza distruttiva della ricchezza finanziaria senza limiti che sconvolge il mondo, comprese le nude vite delle persone». Per Urbinati si è rotto l’equilibrio fra capitalismo e democrazia con il predominio del capitalismo finanziario. E dunque, la progettualità politica si deve misurare oggi con la domanda «come si deve attrezzare la democrazia elettorale al mutamento del capitalismo, alla sua richiesta di essere libero da ogni obbligo verso la comunità »? In sostanza, come possiamo riuscire vincitori nella rinnovata lotta fra economia e politica? Si ripropone in termini più drammatici la grande questione che Ralf Dahrendorf poneva già verso la fine del ’900: come far «quadrare il cerchio fra creazione di ricchezza, coesione sociale e libertà politica».
Insomma, il capitalismo finanziario è come il marxiano spettro risorto, che si aggira non solo per l’Europa, ma a livello globale. È il nuovo Leviatano, il nuovo dominus assoluto: e che cosa può fare la politica di fronte a questo mostro gigantesco? Di fronte al predominio dei mercati dobbiamo rassegnarci all’irrilevanza della politica e all’impotenza? Credo che questa sarebbe la conclusione più sbagliata.
Sosteneva Hannah Arendt che il potere della politica consiste nell’agire di concerto, nell’azione comune. Questa dimensione della «cooperazione» va recuperata a livello europeo. Nessun problema nazionale, né economico né sociale, si risolve oggi al di fuori di tale orizzonte. La progettualità va rilanciata a questa altezza, ciascuno vi porterà la sua specificità e il suo contributo come meglio potrà . E il Pd sicuramente ha le risorse intellettuali e civili per contribuire al meglio.
Bisogna però promuovere una ricerca e un’azione diffusa sul territorio, coinvolgente, valorizzare gli istituti storici e di ricerca in modo coordinato. Dobbiamo riuscire a dare la sensazione concreta che il Partito democratico è consapevole dell’enormità della partita in gioco e della necessità di farvi fronte sia con proposte di emergenza che con un lavoro di più lunga lena, ma che può portare a dare certezze per il futuro e recuperare credibilità a una politica fondata su principi e idealità . Affarismo e arricchimenti personali con soldi pubblici sono un male in sé, ma sono anche l’espressione dell’inefficacia dell’azione politica.
Quando Gramsci rilanciava la famosa espressione, che Ernest Rénan aveva utilizzato qualche anno prima, «riforma intellettuale e morale» non intendeva niente di moralistico, ma indicava la funzione più alta della politica: promuovere una forma superiore di civiltà moderna anche attraverso riforme economiche. La politica ha la funzione irrinunciabile di creare un tramite fra economia e Stato, fra mondo della produzione e diritti sociali e civili delle persone. La Carta europea dei diritti ha un titolo sulla dignità delle persone. Questo è un valore irrinunciabile, che rischierebbe invece di perdersi se cedessimo al predominio dei mercati e all’irrilevanza della politica.
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SAGGI. Ultimo viene il saggio, si potrebbe dire. Nel senso che se la politica, contigua solitamente più alla follia che alla saggezza, chiama al proprio capezzale il saggio – anzi, “i saggi” – significa che avverte di aver esaurito ormai le proprie residue risorse, di proposta e di tecnica. Un po’ come quando il medico curante richiede, con urgenza, un consulto tra “luminari”.