Voto in Catalogna: bassa affluenza, bene indipendentisti e sinistra

Voto in Catalogna: bassa affluenza, bene indipendentisti e sinistra

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Vincono un po’ tutti in Catalogna, meno il Pp e Ciudadanos, nonché la vecchia guardia della destra catalanista moderata del Pdcat. Con un’affluenza bassissima, meno del 54% (la più bassa di sempre, – 28% rispetto al 2017), i socialisti tornano a essere primi in questo territorio dopo 18 anni: superano per un soffio (50mila voti) Esquerra republicana (Erc), il partito della sinistra indipendentista, ma ottengono lo stesso numero di seggi, 33 con il 23% dei voti. Una crescita straordinaria: nel 2017 ne avevano solo 17.

A SUA VOLTA, ERC è per la prima volta egemone nel campo dell’indipendentismo e, a fatica, riesce a superare Junts per Catalunya (con un seggio in più rispetto al 2017), il partito sponsorizzato dall’ex presidente autoesiliato Carles Puigdemont. A questi ultimi, col 20% dei voti, sono toccati 32 seggi, -2 rispetto al 2017. Al quarto posto, l’exploit di Vox, che irrompe per la prima volta nel parlamento catalano con ben 11 seggi.

Nove seggi toccano alla Cup (che ne aveva 4), con il 6.7% dei voti. A En comú podem, nonostante ottenga 0.1% in più della Cup, toccano 8 seggi, gli stessi che avevano nel 2017: anche per loro un risultato niente male, visto che Podemos è in calo un po’ dappertutto, soprattutto considerando che qui la crescita socialista non è andata a scapito dei soci di governo più piccoli. Ciutadanos crolla, da 36 a 6 seggi, passando da essere il primo partito a ottenere un misero 5.6% dei voti.

Infine il Pp, sempre più residuale, che perde un altro seggio e si ferma a tre: 3.8%. Il PdCat, sponsorizzato dall’ex presidente Artur Mas (quello che celebrò il primo referendum di autodeterminazione nel 2014), resta fuori, con il 2.7% (cioè 77mila voti). Nel 2010 Mas aveva portato a casa 45 seggi. Oggi il suo partito è scomparso, fagocitato da Puigdemont e dalla sua scommessa massimalista.

PER LA PRIMA VOLTA la somma dei voti espressi dagli elettori indipendentisti, contando anche il PdCat, supera di pochissimo il 50%. Ma è anche la prima volta che i 4 partiti di sinistra conquistano ben 83 scranni dei 135: il 60% del Parlament. Non era mai accaduto. È anche la prima volta che la somma dei partiti della destra nazionalista spagnola, Vox, Ciudadanos e Pp, hanno solo 20 seggi, il loro minimo storico. Nel 2017 Pp e Ciudadanos ne avevano 40.

E INFINE LA GRANDE novità di queste elezioni è che esistono, sulla carta, due chiare maggioranze possibili: la stessa di oggi, l’indipendentista, con Erc, Junts e la Cup, con 74 seggi. Oppure, con lo stesso numero di seggi, la formula a cui punta Jessica Albiach di En comú Podem, la somma dei tre partiti di sinistra, socialisti, Erc e gli stessi comuns.

In teoria, la formula indipendentista è la più verosimile. Gli indipendentisti governano già assieme, benché i due soci di governo siano ai ferri corti, e l’appoggio esterno della Cup non è sempre affidabile. Ma è la formula più semplice da vendere agli elettori: lavoriamo per l’indipendenza, anche se nella pratica non è chiaro come. Pere Aragonés, presidente della Generalitat ad interim e candidato di Erc, ha già detto che vuole fare un governo «fronte ampio», dove ci siano oltre a Junts, come ora, anche la Cup e i comuns di Albiach. Ma quest’ultima ha già fatto sapere che non ci sta. E perché Junts molli l’osso della presidenza chiederà un prezzo altissimo, così come farà la Cup sul fronte economico: forse una nuova dichiarazione di indipendenza (il capo di Erc, Oriol Junqueras, sta scontando una lunghissima e ingiusta pena per colpa dei “gesti simbolici” come questo, mentre Puigdemont è scappato per evitare le sbarre), forse di rompere con i socialisti a Madrid, chissà.

IL SOCIALISTA SALVADOR ILLA ha già detto che si presenterà come candidato, ma con chi non si sa: solo con i comuns arrivano a 41 miseri seggi. Se le cose rimangono così, non c’è alternativa all’attuale situazione di stallo, con Erc condannata al matrimonio di convenienza con Junts. Ma se i socialisti sono furbi, e Junts troppo esosi, a Erc potrebbe convenire un altro tipo di alleanza, come vorrebbe En comú podem. Il pallino è in mano a Esquerra, ma anche a al premier Sánchez a Madrid. Se vuole poter contare sul prezioso appoggio di Erc, il capo del governo dovrà fare cessioni sostanziose a Barcellona. Come ha detto l’ultimo presidente catalano socialista, José Montilla, Erc e il Psc non possono far passare quest’occasione.

* Fonte: Luca Tancredi Barone, il manifesto



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