Statali, TFR meno ricco e prelievo sullo stipendio

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ROMA-Immaginiamo due lavoratori, diciamo due impiegati. Hanno mansioni simili e retribuzioni praticamente uguali. La differenza è che il primo lavora in un’azienda privata, il secondo in un ufficio pubblico. Da quest’anno hanno anche un’altra cosa in comune: la loro liquidazione viene calcolata teoricamente con lo stesso sistema, quello del Tfr (trattamento di fine rapporto) regolato dall’articolo 2120 del codice civile. Beh, in realtà  il sistema non è proprio lo stesso, e i due lavoratori in questione (soprattutto il secondo) se ne possono accorgere facilmente con un’occhiata al cedolino dello stipendio. Quello privato, spulciando bene, potrà  constatare che il suo datore di lavoro ha effettuato il dovuto versamento ai fini del Tfr. L’altro, il dipendente pubblico, noterà  invece una antipatica trattenuta a proprio carico denominata «Opera di previdenza». Il prelievo, pari al 2 per cento della retribuzione, alimentava la vecchia indennità  di buonuscita, meccanismo diverso dal Tfr e tendenzialmente più favorevole per il lavoratore. Proprio il meccanismo che dal gennaio 2011 è stato cancellato. Quindi, riassumendo: prima c’era nel pubblico la prospettiva di un sistema di liquidazione più generoso, pagato anche dal dipendente con un contributo di tasca propria pari in media a 30-40 euro al mese; ora c’è un trattamento sulla carta uguale a quello in vigore nel settore privato, ma il contributo è rimasto al suo posto. Dal punto di vista degli interessati ce n’è abbastanza per irritarsi e – secondo qualcuno – anche per rivolgersi a un tribunale. Tanto più che nella fase applicativa – come vedremo – è emersa una ulteriore disparità  di trattamento tra i nostri due impiegati. L’intervento sulle liquidazioni fa parte del pacchetto di sacrifici richiesti ai dipendenti pubblici con la manovra della scorsa estate, entrata in vigore a gennaio 2011. Dentro c’erano la sospensione dei rinnovi contrattuali, il congelamento dello stipendio ai livelli nominali dello scorso anno, con conseguente eliminazione degli aumenti personali che sarebbero potuti scattare per diversi motivi, e due interventi in tema di buonuscita: il primo per rateizzarne il pagamento, con un meccanismo legato al livello di reddito, il secondo che prevedeva appunto la trasformazione in Tfr per la quota maturata dal 2011 in poi. Dunque i lavoratori pubblici che andranno in pensione nei prossimi anni avranno la liquidazione calcolata in due quote distinte. La prima con il vecchio sistema che prevedeva una base di calcolo pari all’80 per cento dello stipendio e l’ancoraggio alla retribuzione dell’ultimo anno di servizio (su questo 80 per cento viene prelevato la trattenuta del 2,5 per cento, che quindi diventa del 2 per cento sul totale). La seconda quota, con riferimento alle retribuzioni percepite dal 2011 in poi, è invece determinata con il meccanismo previsto dal codice civile per il Tfr: accantonamenti annuali pari al 6,91 per cento dello stipendio rivalutati sulla base di un tasso di capitalizzazione pari all’1,5 per cento più lo 0,75 per cento del tasso annuo di inflazione. Chiaramente per chi lascerà  il servizio nei prossimi mesi l’effetto sarà  quasi nullo, mentre per coloro che hanno ancora molti anni di lavoro davanti il metodo di calcolo meno vantaggioso si farà  sentire sulla seconda quota. Della voce “Opera di previdenza” la legge non parla; ma se ne è occupata qualche mese dopo l’Inpdap nella sua circolare applicativa, precisando che siccome il governo aveva introdotto il regime Tfr, senza però cambiare nome alla vecchia buonuscita, questa dovrà  essere finanziata ancora con la precedente modalità , che prevede il contributo del datore di lavoro e anche quello a carico del lavoratore. Ma c’è di più: lo stesso istituto previdenziale pubblico ha poi precisato che anche la base retributiva ai fini della prestazione dovrebbe rimanere quella vecchia (dunque l’80 per cento invece del totale), introducendo un ulteriore elemento di disparità  con i dipendenti privati. Per completare il quadro, va ricordato che i lavoratori pubblici assunti dal 2001 rientrano già  nel regime del Tfr. Nel loro caso la situazione è stata formalmente sanata, senza però alcun vantaggio economico: la trattenuta è stata abolita applicando un’equivalente riduzione della retribuzione lorda. La magra consolazione è di non vedere quel 2,5 sul cedolino.


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