Choc sul G7, Geithner difende l’euro
MARSIGLIA — La notizia fa rumore, molto rumore. L’annuncio delle dimissioni di Jurgen Stark dal comitato esecutivo della Bce, provoca il tracollo delle Borse, ma sorprende e mette sotto shock la riunione dei ministri dell’Economia e delle Finanze e i governatori delle banche centrali dei paesi del G7 riuniti ieri nella città della Provenza. Perché a Marsiglia si parla di crisi, dei pericoli di una ricaduta nella recessione dell’economia mondiale e dei mali dell’Europa afflitta dalla paura per la tenuta dei debiti sovrani dei Paesi periferici, Grecia, Irlanda Portogallo e da ultimo Spagna e soprattutto Italia. E perché la Banca centrale europea in questa fase è considerata l’organismo più importante, in quanto il più impegnato nella difesa della moneta unica, una sorta di baluardo della costruzione europea. La crepa delle dimissioni di un componente del board della Banca quindi colpisce e preoccupa governatori e ministri. Che non si aspettavano un’iniziativa così repentina anche se si sa che Stark non è stato d’accordo con le ultime decisioni prese da Eurotower per sostenere, comprandoli, i titoli pubblici di Spagna ed Italia. Un intervento avviato il 7 agosto scorso e ancora in atto. Nessuno parla però. Al G7 si vuole prima capire perché il rappresentante tedesco — il secondo in poco tempo, dopo il presidente della Bundesbank Axel Weber — ha deciso di lasciare la Banca. Il comunicato ufficiale emesso a Francoforte parla di «ragioni personali», ma nessuno ci crede. Anche se la sostanziale presa di distanza del governo di Berlino, che fa sapere di aver già pronto il sostituto, suggerisce ad alcuni che si sia trattato proprio di un fatto personale. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble dice che il governo è «dispiaciuto» per le dimissioni di Stark dall’esecutivo della Bce, aggiunge che il sostituto sarà una «persona che punterà alla stabilità » e ribadisce che la politica della Bce resterà «indipendente».
In Italia parla il premier Silvio Berlusconi, mentre a Marsiglia il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, glissa la questione. «Sono arrivato just in time dalla Germania dove stamattina ho incontrato un autorevole filosofo tedesco» ha detto iniziando il suo discorso sulla crisi e riferendosi a Jurgen Habermas, giustappunto della Scuola di Francoforte.
Non parla neanche il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi che dal 1 novembre sostituirà Jean-Claude Trichet al vertice della Bce. Su Stark si limita ad un «no comment», lascia la parola allo stesso Trichet. Secondo il quale il capo economista della Bce è stato «un amico, sempre leale che ha lasciato la Banca per una scelta personale». Draghi parte da Marsiglia prima del tempo, ma non è una cosa improvvisa, ha programmato da tempo di lasciare al suo posto nel vertice del G7 il vicedirettore generale Ignazio Visco.
Sui problemi della moneta unica interviene invece, e prima dell’arrivo della notizia delle dimissioni di Stark, il segretario di Stato al Tesoro Usa, Tim Geithner, per il quale «è interesse degli Stati Uniti che l’euro sopravviva». È «molto importante che gli europei facciano quello che devono fare» aggiunge Geithner che chiama in causa «i paesi più forti» dell’area, come la Germania, spiegando che è «nelle loro possibilità risolvere i costi della crisi». Perché in generale «non si possono fare riforme senza soldi e non si possono fare soldi senza riforme» dice rilevando che l’attuale crisi è peggiore della Grande Depressione.
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