Le inchieste contro vento capolavori di giornalismo
Sulla tecnica dello spegnimento psichico in società chiuse il testo euclideo è lo swiftiano romanzo d’idee dove, correndo l’anno 1984, il Partito governa mediante quattro ministeri: della Pace (ossia guerra perpetua); Amore (l’onnipresente, spietata polizia del pensiero); Benessere (id est miseria cronica); Verità (arte mistificatoria del virtuale). Nasce in laboratorio l’animal humanum naturaliter oboediens, al quale fine una lobectomia collettiva contrae l’area del pensiero tagliando lessico, morfologia, grammatica, sintassi.
Nineteen Eighty-four, dicono i Tartufi, è la favola nera d’un disadatto al mondo, malato all’ultimo stadio, quindi pessimista. Signori miei, erano analisi scientifiche. Lune italiane riproducono i modelli definiti nell’appendice, “The Principles of Newspeak”. L’uomo cosiddetto nuovo, venuto alla ribalta vent’anni fa, ignora Eric Arthur Blair, alias George Orwell, né se ne intendono i consiglieri, altrimenti qualcuno avrebbe notato che pericolosa gaffe fosse vantare un “partito dell’amore”, mentre rombavano macchine gangsteristiche; o inscenare sedute mistiche dove l’incantatore appare dalla gigantografia qual era temporibus illis, cosmeticamente lavorato, e mugola frasi rudimentali, col pubblico in estasi, come nei «Due minuti d’odio» quando un’isterica tende le braccia allo schermo esclamando «mio Salvatore», indi prega, mani sul viso, mentre la platea intona la nenia ipnotica, «B-B… B-B… B-B…». Gran corruttore, s’era acquisito il monopolio delle televisioni commerciali: da trent’anni istupidisce gli spettatori spacciando roba scurrile; persi i patroni nel collasso del sistema corrotto, salta in politica, predicando buoni costumi, onore al merito, chances per tutti, libertà diffuse, contro inesistenti bestie nere. La frode gli riesce a pennello tre volte. L’asfissiante dominio mediatico maschera un regime nichilistico del malaffare: non s’era mai vista gente simile nelle Camere; mosse strategiche scardinano lo Stato; l’obiettivo è regressione alla signoria autocratica. Mater Ecclesia lucra favori inauditi. Gli reggono la coda direttori spirituali della borghesia bienséante (i cui gusti non escludono lo stile canaille). Brulica una turba famelica: centurioni, sbirri, sicari, avvelenatori, fattucchieri, spioni, falsari, untori, agiografi, araldi, panegiristi, falsi santi, sacrestani spegnitori, cappellani, flabellieri, salmisti, turiferari, liturghi, perdonatori, omileti, esorcisti, elemosinieri, ruffiani, mezzane, badesse, ierodule, eunuchi, maghi, indovini, teurghi, astrologi, caldei, trinciatori, scalchi, giocolieri, mimi, illusionisti, musicanti, buffoni, mangiafuoco et ceteri; ne recluta quanti voglia. Ogniqualvolta uno della santa compagnia finisca in tribunale, e capita spesso, disinvolti essendo i messieurs, scatta l’anatema sull'”uso politico della giustizia”.
In questo clima era lavoro duro e rischioso interloquire contro vento disseppellendo l’accaduto. Così lavorava Giuseppe D’Avanzo, le cui inchieste figurano tra i capolavori d’un quarto potere virtuoso. Nelle serate d’Eliogabalo vediamo come l’asserita privacy fosse politica perversa. Lo straordinario è che l’operazione disinfestante riesca…
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