Costretto per la crisi a licenziare i figli Piccolo imprenditore edile si uccide

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Non ha lasciato biglietti G. M., 54 anni; non una parola con i fratelli (co-titolari dell’azienda), né con gli amici. «Vado in vigna a prendere un attrezzo — ha detto alla moglie venerdì mattina —. Poi ritorno». Dopo qualche ora lo hanno chiamato al cellulare, che ha squillato a lungo: nessuna risposta. Uno dei figli è andato a cercarlo e lo ha trovato riverso nel podere, con sangue tutt’intorno, vicino al corpo la pistola. Sui motivi del suicidio un residuo di mistero: «Il motivo non è il dissesto economico. Certo, l’azienda aveva problemi — insistono i familiari — ma chi non ne ha di questi tempi? Lui sapeva di non essere solo, di poter contare sull’aiuto dei fratelli… ». Nei giorni scorsi al bar, con gli amici, nessun segnale di sconforto, Anzi: sereno, sorridente e pronto alla battuta. Il sindaco Graziano Deiana e il parroco don Luigi Monni concordano: «Aveva intorno una famiglia unita e solidale. Forse ci sono altri motivi». Problemi di salute? G. M. era stato venerdì mattina a Nuoro per fare esami clinici: «Diceva di sentirsi stanco», dicono in paese. Al rientro a casa ha preso la pistola ed è andato alla vigna. A Mamoiada c’è una tradizione di piccole imprese attive nell’edilizia, che operano a Nuoro e in Barbagia. Negli anni dopo il 1970 queste imprese si sono spinte fin sulla costa orientale, costruendo villaggi turistici e seconde case. Ma dopo il boom è arrivata la crisi: alcune hanno chiuso, altre hanno smobilitato i cantieri. Decine di operai edili a spasso. G. M. aveva cominciato come manovale a 14 anni. Poi aveva messo su un’attività  artigianale. Sposato, tre figli giovani: la maggiore, 27 anni, e due maschi, 24 e 21 anni, col padre in azienda. Angosciato perché ha dovuto licenziare i figli? «Angosciato no. È accaduto altre volte che, chiuso un cantiere, siano rimasti qualche tempo senza lavoro — dice un vicino di casa —. Preoccupato, sì: non voleva vederli sfaccendati al bar come tanti coetanei».


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