Vodafone come Marchionne «Fuori i lavoratori reintegrati»

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Vodafone come Marchionne. La multinazionale della telefonia ha subìto lo scorso dicembre una sentenza del giudice di Roma che ha ordinato il reintegro di 33 dipendenti esternalizzati nel 2007. Ha dovuto immediatamente rimetterli a libro paga, ovvio, ma subito dopo – analogamente a quanto fatto dall’amministratore delegato della Fiat a Melfi – ha inviato loro una lettera che li dispensava dal riprendere servizio. Il 20 febbraio, infine, la decisione shock: il gruppo apre una procedura di licenziamento proprio per 33 persone, riferendosi esplicitamente alla sentenza, «grave», che mette a rischio «un equilibrio organizzativo faticosamente raggiunto». È evidente, quindi, che i 33 messi fuori saranno proprio “quei 33”, anche se ovviamente non si fanno nomi e cognomi. Ma non basta: il prossimo giugno lo stesso giudice si esprimerà  in merito ad altri 108 ricorsi, e molto probabilmente ordinerà  altrettanti reintegri. Una nuova «bomba» sulla Vodafone, che potrebbe preludere a una seconda, massiccia, tornata di licenziamenti.
Ma cosa ha causato questa pioggia di ricorsi? Tutto nasce da una cessione di ramo di azienda operata a fine 2007, quando la Vodafone decise di esternalizzare le attività  di back office (il disbrigo pratiche svolto dietro le quinte dei telefonisti) per cederle alla Comdata Care, società  creata ad hoc dalla Comdata, e da quest’ultima controllata al 100%. Ad hoc perché la Comdata assunse soltanto i 914 esternalizzati Vodafone, riservando loro un contratto molto favorevole, identico a quello che si lasciavano alle spalle nella loro casa madre, mentre i loro nuovi colleghi della controllante Comdata godevano di salari, integrazioni, livelli e benefit ben più magri. Comdata Care, inoltre, avrebbe lavorato esclusivamente su commessa Vodafone, e avrebbe assicurato lavoro e stabilità  occupazionale almeno fino alla conclusione della commessa, prevista per marzo 2015. Il tutto fu avallato da un accordo siglato da Cgil, Cisl e Uil, messo al voto e approvato.
Ma i lavoratori oggetto della cessione contestarono subito l’accordo, e la gran parte di loro lo ha impugnato: il back office, spiegano, è troppo integrato al resto delle attività  di Vodafone per individuarlo come ramo autonomo. Alcune cause Vodafone le ha vinte (a Milano e Napoli), ma a Roma il giudice ha dato ragione ai dipendenti. I reintegrati spiegano di essere stati messi, da gennaio, in un «limbo»: «Stiamo a casa senza fare nulla, ma nel frattempo il volume di lavoro dentro Comdata Care è sempre minore: chi è rimasto si occupa di poche operazioni di credito e di gestire un pugno di mail di scarto. Noi ci chiediamo: chi sta facendo oggi il back office per Vodafone? E perché non lo fanno fare a noi, se Comdata Care, come sembra è in smobilitazione?».
Il fatto è che la commessa Vodafone era già  destinata, per contratto, a «svuotarsi»: l’accordo commerciale siglato nel 2007 spiega infatti che il lavoratore assunto nella newco costa già  10.960 euro in più della media degli operatori del settore; si conviene poi che Comdata Care dovrà  garantire a suo rischio uno sconto del canone pari al 3% ogni anno a Vodafone, assicurato dal turn over del personale. In poche parole, si incentiva Comdata Care a ridurre gli operatori sulla commessa Vodafone di almeno il 3% annuo. 
Il sospetto dei lavoratori è che al massimo il loro posto duri giusto i 7 anni della commessa, se non meno, senza contare che essendo usciti da Vodafone hanno perso gli aumenti del successivo integrativo (dai buoni pasto ai premi, più ricchi che in Comdata, alle stock option: il 20% del salario, calcolano) e la professionalità , con corsi di aggiornamento di alto livello che Vodafone assicura. Comdata Care non sarebbe stato altro che un «parcheggio di lusso», destinato a finire. 
E adesso? Vodafone non vuole riprendersi i «reintegrati» e vorrebbe convincere Cgil, Cisl e Uil (con dubbi della Cgil) a firmare le procedure di licenziamento: certo, che la Cgil le sigli con la battaglia sull’articolo 18 in corso, parrebbe anomalo. Però pensa anche a uno scivolo «soft»: ovvero reindirizzare ancora una volta i lavoratori verso la Comdata, ma stavolta la casa madre, con salari e livelli più bassi, niente ticket e fondo sanitario, e con la possibilità  di essere messi in cassa e licenziati magari già  entro un anno per esaurimento di commesse. I lavoratori sperano che i sindacati non firmino, e che la Regione Lazio induca Vodafone a riconsiderare i suoi passi. D’altronde, se è vero che la crisi colpisce tutti, il bilancio di Vodafone Italia chiuso nel marzo 2011, pochi mesi prima dei reintegri, registrava 8,7 miliardi di ricavi e più di 4 miliardi di utili.


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