Esodati: il decreto “salva” solo 150 genitori di disabili su 3.300

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ROMA – Centocinquanta sono quelli “salvati”, oltre 3 mila i “non salvati”. Tutti, sono genitori di figli gravemente disabili, in congedo straordinario per assisterli. Quelli “salvati” potranno andare in pensione secondo le vecchie regole (quelle precedenti la riforma previdenziale), tutti gli altri invece subiranno l’innalzamento dell’età  pensionabile. E’ quanto prevede il decreto interministeriale a tutela dei lavoratori “salvaguardati”, firmato il 2 giugno scorso dal ministro dell’Economia, Mario Monti e dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero. Il decreto, complessivamente, “salva” 65.000 lavoratori che hanno stipulato un accordo per l’uscita dal lavoro e ora rischiano, dopo la riforma previdenziale, di restare senza lavoro e senza pensione. Secondo l’Inps, che il 22 maggio scorso ha trasmesso al ministero del Lavoro la relativa relazione tecnica, complessivamente i lavoratori che avrebbero diritto al “salvataggio” sarebbero 390.200: 3.330 i genitori con figli gravemente disabili. Oltre 3 mila lavoratori con un carico assistenziale pesante rischiano quindi di restare senza pensione e senza lavoro.

Simona Bellini ha un marito e una figlia entrambi gravemente disabili. E’ presidente del Coordinamento nazionale delle famiglie di disabili gravi e gravissimi. Ieri ha avuto una crisi cardiaca, ma ha rifiutato il ricovero ed è tornata a casa, perché “devo assistere mio marito e mia figlia”, ci spiega. Un impegno “di cui il nostro governo si ostina a non voler tener conto, e che non è in alcun modo tutelato da questo decreto, in cui non si considera affatto il carico assistenziale. Requisito essenziale per essere ‘salvati’ è, invece, che il genitore fosse in congedo straordinario il 31 ottobre, data secca. E che entro il termine dei due anni di congedo straordinario, raggiunga i requisiti previdenziali per andare in pensione con la vecchia normativa”. Secondo la Bellini, quindi. Si rischia che “siano avvantaggiati proprio quelli meno penalizzati, perché chi è riuscito a conservare il congedo di solito ha una situazione meno pesante. Io l’ho esaurito nel 2004. Inoltre, un genitore che da 30 anni assiste un figlio disabile ma il 30 ottobre, per esempio, usufruiva non del congedo ma della 104, non viene salvato. Mentre viene salvato uno che, quel giorno, era in congedo per assistere un figlio dopo un incidente. Noi ci battiamo da 18 anni per veder riconosciuto il diritto al prepensionamento: ma ora ci viene rifiutato perfino il salvataggio da una riforma previdenziale”. Le conseguenze, in casi come quello della stessa Bellini, sono pesantissime: “io, fino a 3 anni fa, sarei andata in pensione nel 2017, un anno fa nel 2018, adesso slitto al 2022, malgrado assista due disabili in casa come unico elemento valido in famiglia su tre e come unico sostegno economico. Nel mio caso personale, poi, per mio marito non mi è neanche riconosciuto il diritto, perché non siamo sposati: la convivenza non è requisito riconosciuto né per la 104 né per il congedo straordinario”.

C’è poi un altro elemento del decreto, “che riteniamo fortemente discriminatorio: diversamente dalla 104 e dal congedo straordinario, il ‘salvataggio’ riguarda solo i genitori. Avevamo pensato a un’azione legale, proprio in virtù di questo elemento discriminatorio: ma ci è stato spiegato che, con i tempi della giustizia, il decreto perderebbe di validità  prima che la nostra azione arrivi a compimento. Non rinunciamo però a rivolgerci alla Corte europea, con un’azione collettiva per chiedere un risarcimento, che comunque non risolverebbe i nostri problemi”. Tornare in piazza? “No, la questione riguarda un numero troppo esiguo di persone, rischieremmo di essere pochissimi. Ci rammarica però il fatto che le associazioni non siano al nostro fianco in questa battaglia contro la ‘lotteria dei poveri’ del ministro Fornero”. (cl)

 

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