NON GIOCARE AL MASSACRO

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E dunque, dopo quindici giorni di clamorose rivelazioni giudiziarie e di fragorose strumentalizzazioni politiche, tocca al presidente della Repubblica richiamare gli “attori” di questo psico-dramma italiano al senso della misura e dello Stato, alla difesa delle istituzioni e dell’interesse nazionale.
L’intervento di Napolitano sul Sole 24 Ore è tanto forte quanto irrituale. Ma proprio l’eccezionalità  dell’iniziativa riflette e amplifica la criticità  del momento. Dopo una fase di tregua, certificata dal calo progressivo degli spread, l’Italia si riaffaccia sulla scena internazionale offrendo di se stessa l’immagine peggiore. Il Paese sta per tornare alle urne, e si dilania intorno a un’inchiesta penale che travolge il terzo gruppo bancario nazionale ma che, attraverso l’uso improprio dei veleni inoculati da una certa politica attenta solo al bieco calcolo elettorale e non alla ricerca della verità , rischia di coinvolgere nei sospetti l’intero sistema creditizio e gli organi di Vigilanza. A partire dalla Banca d’Italia fino ad arrivare alla Banca centrale europea.
LE PROCURE indagano, in un crescendo di ipotesi di reato e di indiscrezioni ancora difficilmente decifrabili. I partiti si rimpallano pratiche spartitorie e lottizzatorie, che effettivamente ci sono state e ci sono tuttora. I risparmiatori italiani sono smarriti, e cominciano a temere per i loro conti correnti. Gli investitori internazionali inorridiscono, e tornano a pensare che il Belpaese, torbido e inaffidabile, in fondo non cambierà  mai. In questo clima, Napolitano lancia un messaggio che vuole essere, al tempo stesso, di rassicurazione e di responsabilità  istituzionale. Quella di Siena, allo stato attuale, è un’orribile storia di manager infedeli che, all’ombra delle Fondazioni bancarie trasformate in cinghia di trasmissione degli enti locali, hanno compiuto trucchi contabili e falsi in bilancio, nascondendo documenti nelle casseforti toscane e fondi occulti nelle finanziarie estere. Le inchieste faranno il loro corso. Ma ipotizzare fin da ora che questo groviglio celi la “madre di tutte le tangenti”, e che a insabbiarlo siano stati in questi ultimi quattro anni i vertici della Banca d’Italia, è un atto di cinismo e di auolesionismo. Gli effetti potrebbero essere devastanti. Per la tenuta del sistema bancario, per il prestigio degli organi di controllo, e dunque per l’immagine stessa dell’Italia. Può darsi che nel monitoraggio del Montepaschi non tutto abbia funzionato alla perfezione. I controlli sono stati senz’altro “asfissianti”, ma è pur vero che per arrivare alla rimozione del trio Mussari-Vigni-Baldassarri ci sono voluti più di due anni. La disciplina della vigilanza va ripensata e rafforzata. Lo stesso Direttorio di via Nazionale lo chiede espressamente. Ma di qui alla caccia alle streghe ce ne corre.
L’appello del Quirinale è rivolto innanzitutto alla politica. Sul caso Mps la sinistra e il Pd scontano un retaggio di cui, dalla vicenda Unipol- Bnl in poi, non sono ancora riusciti a liberarsi. Ma sul Sistema-Siena la destra ha imbandito il solito, indecente banchetto, dove si divora qualunque cosa. Non solo la “sinistra bancaria”, ma anche la vigilanza creditizia di oggi e soprattutto di ieri. Il tentativo, fin troppo smaccato, è quello di regolare per via giudiziaria (in campagna elettorale) quei conti sospesi che il forzaleghismo non ha saputo o potuto regolare per via politica (quando ha governato). Per questo Tremonti critica Ignazio Visco, e attacca soprattutto Mario Draghi. La stessa cosa fanno schegge impazzite pidielline (che dimenticano gli scandali del Credito Cooperativo Fiorentino di Denis Verdini) e truppe cammellate leghiste (che scordano il saccheggio delle quote latte attraverso la Credieuronord). L’unica eccezione, stavolta, è proprio Silvio Berlusconi, che benedice la nazionalizzazione perché «una grande banca non si può mai far fallire».
Può sembrare un paradosso. Ma il suo non è un sussulto di buon senso. Semmai un rigurgito di cattiva coscienza. Il Cavaliere, almeno lui, ricorda bene che è del Montepaschi, filiale di Arcore, il conto corrente numero 1 sul quale sono transitati in questi anni oltre 20 milioni di euro di “sussidi” alle sue amate olgettine, distribuiti mensilmente dal fido ragionier Giuseppe Spinelli. E ricorda ancora meglio che su altrettanti depositi miliardari presso il Montepaschi transita la liquidità  delle Holding Italiana Prima, Seconda, Terza e Ottava, con le quali lo stesso Berlusconi controlla la Fininvest, e delle Holding Italiana Quarta e Quinta, dalle quali si approvvigionano Marina e Piersilvio. L’ennesima conferma che, come si dice in Consob, sul piano politico «Mps è uno scandalo che non ha un solo colore, ma tutti i colori».
L’appello del Quirinale è rivolto anche alla magistratura, di cui va rispettata la «totale autonomia». I pm svolgano il loro compito, senza remore né riguardi. Ma nella gestione dei fascicoli, sappiano anche loro che stanno maneggiando una materia «esplosiva», come ha detto lo stesso procuratore di Siena, e che il risparmio è addirittura valore tutelato dalla Costituzione. La rincorsa tra Procure, innescata da quella di Trani, fa sicuramente scalpore, ma non è detto che aiuti a individuare più in fretta le colpe e i reati, e a irrogare con più efficacia le sanzioni e le pene.
L’appello del Quirinale sembra infine rivolto anche all’informazione, preziosa nel «far luce su situazioni oscure e comportamenti devianti ». Ma anche i mass media, chiede Napolitano, devono avere a cuore la «salvaguardia del patrimonio di credibilità  e di prestigio, anche fuori dall’Italia, di storiche istituzioni pubbliche di garanzia». Il senso di queste affermazioni è chiarissimo, ed è condivisibile. Napolitano cerca di mettere al riparo la Banca d’Italia e l’operato dei suoi ispettori, che hanno esercitato «minuziosamente» e «con il tradizionale rigore» i loro compiti. E vuole mettere al riparo soprattutto Draghi, che in Germania già  comincia a pagare una certa ostilità  da parte dell’establishment e dei giornali più vicini all’ortodossia monetaria della Bundesbank.
Infilare la Banca d’Italia nel tritacarne delle polemiche e delle accuse, «sporcando» il profilo dell’italiano che oggi rappresenta al più alto livello il prestigio della nazione, è un gioco al massacro che non salva e non conviene a nessuno. Tanto più se si “gioca” non per fare piena luce sui fatti, ma per lucrare solo una misera rendita elettorale. Questo è tutto vero. Ed è tutto giusto. Palazzo Koch e l’Eurotower, per questo Paese, sono due trincee che vanno difese, non minacciate o colpite da un dissennato “fuoco amico”. Tutto questo, sempre nella ricerca e nel rispetto della verità , che alla libera stampa sta a cuore più di ogni altra cosa.


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