Gli ultimi degli ultimi Chavisti per sempre

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CARACAS. Migliaia di persone continuano a visitare il feretro del presidente venezuelano Hugo Chà¡vez, esposto nella cappella dell’Accademia militare a Caracas. Personalità  politiche, artisti, esponenti delle reti sociali si alternano nella guardia d’onore. Dal nostro osservatorio – a pochi passi dalla bara, tra alti vertici militari, ministri, e i famigliari del presidente – la folla che sfila assume a tratti un aspetto da corte dei miracoli: anziani stremati dagli anni e dalla fatica, storpi, donne inferme che vogliono alzarsi a tutti costi dalla carrozzina per vedere il presidente, portatori di handicap accompagnati dai cadetti militari. Gli ultimi degli ultimi, considerati non-persone negli anni del liberismo sfrenato e della IV Repubblica. Chi saluta a pugno chiuso, chi si fa il segno della croce, mentre gruppi di ragazze intonano slogan. Una farfalla gigantesca volteggia sulla bara e va a posarsi sulla spalla della madre di Chà¡vez, che non riesce a lasciare la camera ardente. I musicisti cantano i propri omaggi. Sfilano anche i paracadutisti che hanno accompagnato Chà¡vez nella ribellione civico-militare del 4 febbraio ’92. 
Intanto, il paese si prepara alle prossime elezioni, che si terranno il 14 aprile. Maduro, il presidente incaricato, ieri ha depositato la propria candidatura al Consiglio nazionale elettorale (Cne). Il suo avversario sarà  lo stesso che ha sfidato Chà¡vez il 7 ottobre, Henrique Capriles Radonski, a capo della Mesa de la Unidad democratica (Mud). Inizialmente, il governatore di Miranda – riconfermato in questa carica alle elezioni regionali del 16 dicembre, quando ha battuto l’attuale ministro degli Esteri, Elias Jaua – sembrava deciso a rinunciare: il fondatore del partito Primero Justicia è molto giovane e ambizioso, e non aveva voglia di prestarsi al gioco (e alla probabile sconfitta) di una coalizione sempre divisa e litigiosa, che non stravede per lui, ma non ha un candidato altrettanto visibile. 
Invece ieri, in un discorso durante il quale ha attaccato il suo avversario accusandolo di aver mentito sulla salute di Chà¡vez e sulla sua morte, ha detto che non intende «rinunciare a combattere» e che non abbandonerà  i suoi: «Nicolas, non ti lascerò il campo libero», ha dichiarato, mentre in alcuni quartieri della capitale si scatenava il solito concerto di pentole contestato dai bolivariani.
Capriles ha accusato il Consiglio nazionale elettorale (Cne) di aver tenuto bordone ai piani chavisti «e a un apparato di propaganda che aveva già  pronto un piano elettorale, mentre ci diceva che il presidente stava continuando a governare dal suo letto di ospedale». Fino a oggi, la Mud ha usato tutte le carte: compresa quella del ricorso contro la decisione del Tribunale supremo di giustizia (Tsj) che aveva ratificato la decisione del parlamento di considerare l’assenza di Chà¡vez – che non aveva potuto giurare il 10 gennaio – solo temporanea. E ha gridato alla frode istituzionale anche quando il Tsj ha deciso per la continuità  di governo del vicepresidente Maduro, consentendogli di andare a nuove elezioni senza dimettersi dall’incarico. Ora, però, Capriles, ha detto ai suoi di recedere dal manifestare davanti al Cne, come aveva proposto in un primo tempo. 
Al Cne ha depositato la propria candidatura un’altra esponente della destra, Maria Bolivia, del Partido Democrà¡tico Unidos por la Paz y la Libertad (Pdupl). La proprietaria del panificio Mayami è di Maracaibo (nel nord est), ha 38 anni e ha già  partecipato alle elezioni del 7 ottobre. Non si ricandiderà  invece Luis Reyes, quarto più votato alle ultime presidenziali (0,05%) il quale ha dichiarato che appoggerà  Maduro.
Il presidente incaricato, facendo la spola tra un impegno politico e una visita alla camera ardente, ha risposto a Capriles, e ha minacciato di querelarlo, sostenuto dai famigliari di Chà¡vez «Poi non venga dire di essere un perseguitato» – ha ammonito. Domenica, Maduro ha ricevuto l’appoggio del Partito comunista del Venezuela, che non si è sciolto all’interno del Psuv, nel 2007. Presenziando al XII Congresso del Pcv, il presidente incaricato ha promesso che ogni 5 marzo, giorno della morte di Chà¡vez, il leader bolivariano,che ha guidato il paese per 14 anni, vi saranno delle celebrazioni. Il 5 marzo (del 1931) – ha ricordato Maduro – concide anche con la nascita del Pcv, fondato da un gruppo «di giovani rivoluzionari che si opposero al governo dittatoriale di Juan Vicente Gà³mez». 
Le spoglie imbalsamate del presidente Chà¡vez – ha successivamente annunciato Maduro – saranno trasferite venerdì al Museo militare del Cuartel de la Montaà±a, nello storico quartiere del 23 Enero, dove rimarranno esposte. La cosiddetta Caserma della Montagna servì da quartier generale alla ribellione civico-militare del 4 febbraio ’92, che portò all’attenzione del mondo la figura dell’allora tenente colonnello Hugo Chà¡vez Frias. Poi i resti dovrebbero essere trasportati al Panteon nazionale, dove riposa il Libertador, Simon Bolivar. Per poterlo fare, oggi si discute in parlamento una proposta di modifica della costituzione. La Carta magna indica infatti che per ricevere un simile onore devono essere trascorsi 25 anni dalla morte e prevede comunque che qualunque modifica venga sottoposta a referendum entro 30 giorni.
«Per questo gruppo – ha detto ancora Nicolas Maduro, riferendosi all’opposizione – è incomprensibile che noi, i nipoti degli schiavi che i loro antenati hanno sfruttato milioni di volte, noi, gli operai, i soldati di questa patria, abbiamo una dignità  così grande e siamo capaci di tanto amore. Ma quei settori della destra che hanno speso milioni di dollari per assassinare moralmente il leader della rivoluzione bolivariana Hugo Chà¡vez non torneranno mai al potere».
Nella camera ardente, la fila continua ad affluire dai due lati della bara. Una donna grida, in lacrime: «Sarò per sempre chavista» e la sua voce rimbomba fra le ampie volte dell’Accademia. In una custodia in vetro, ai piedi della bara, c’è la replica della spada di Bolivar. Si alza la voce possente di Leonor Fuguet, che ha composto diverse canzoni durante la malattia di Chà¡vez. Ha i capelli lunghi e candidi sciolti sulle spalle, una chitarra e i piedi scalzi. Generali e colonnelli corrono ad abbracciarla in barba al protocollo. «Vedi? – dice al manifesto al termine della esibizione – sono la hippy delle Forze armate. Io sono ambientalista, attivista e vengo dalla sinistra radicale. Anche a me i militari facevano paura. Il movimento ambientalista qui ha sostenuto la guerriglia degli anni ’60, ’70 e ’80. Ma questa rivoluzione ha cambiato le cose nel profondo. È vero che la maggioranza delle Forze armate venezuelane non appartiene all’oligarchia, però durante la IV Repubblica ci sono state torture e scomparsi. Oggi, invece, vedi generali che si danno da fare in opere sociali, altri ufficiali che aiutano la gente al mercato e ex-guerriglieri che hanno fatto pace con i soldati che li hanno perseguiti allora e che oggi hanno capito qual è il loro vero compito: stare dalla parte del popolo». 
Parte un’altra raffica di slogan, cambia la guardia d’onore presidenziale. Leonor, attivista del Polo patriottico – la struttura voluta da Chà¡vez come laboratorio di confronto con le reti e i movimenti – dice la sua sul “fenomeno” Chà¡vez: «Ha interpretato, sintetizzato e rimandato al popolo una coscienza collettiva che era in nuce e chiedeva rappresentanza. Ha fatto passare le cose dal cuore alla testa, a milioni di teste, che oggi moltiplicano i brani di un progetto collettivo anche attraverso queste simbologie, ma non ne sono dipendenti: perché hanno già  raggiunto una propria maturità ».


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