Raccolse un manganello della polizia, rischia l’ergastolo una home­less di L.A.

Raccolse un manganello della polizia, rischia l’ergastolo una home­less di L.A.

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Una donna psi­co­la­bile potrebbe pas­sare il resto della vita in pri­gione, per aver rac­colto da terra un man­ga­nello della poli­zia. Una para­dos­sale con­danna che potrebbe di diven­tare l’ultimo svi­luppo di un epi­so­dio già emble­ma­tico della ende­mica vio­lenza di poli­zia in Ame­rica e la fisio­lo­gica ingiu­sti­zia che ne carat­te­rizza i rap­porti con gli afroamericani.

Il 2 marzo scorso la donna, Tri­shawn Car­dessa Carey, di 34 anni, divenne invo­lon­ta­ria figu­rante in un enne­simo video che docu­men­tava l’uccisione di un uomo nero, in que­sto caso un home­less della skid row di Los Ange­les, da parte di una pat­tu­glia del Lapd. Il video mostra un gruppo di sei poli­ziotti che cir­conda un uomo su una strada della città cali­for­niana. Si tratta, si saprà dopo, di Charly Keu­nang, un immi­grante came­ru­nese senza fissa dimora che i poli­ziotti inten­de­vano sfrat­tare dall’accampamento di for­tuna nel fati­scente quar­tiere. Nel video, dopo uno scam­bio di parole con gli agenti, l’agitazione di Keu­nang aumenta, l’uomo comin­cia a dime­narsi roteando le braccia.

I poli­ziotti le sal­tano addosso, un paio di essi lasciano cadere in terra i man­ga­nelli che ave­vano impu­gnato. C’è una col­lut­ta­zione e Keu­nang casca di schiena sul sel­ciato. Volano dei pugni, si sente il tic­chet­tio carat­te­ri­stico della sca­rica elet­trica dei taser poi d’improvviso un paio di agenti bal­zano in piedi con pistole pun­tate in basso e si sen­tono esplo­dere 5 colpi. Sopra Keu­nang, ormai senza vita, sono tre alla fine i poli­ziotti con le armi puntate.

Ma sta­volta il caso ha una pro­pag­gine che, se pos­si­bile, è ancora più effe­rata dello stesso omi­ci­dio impu­nito. Infatti in quel video appa­riva anche un’altra figura, una donna minuta e magris­sima — Carey — anche lei home­less che si trova nel posto sba­gliato al momento sba­gliato. Entra in campo bar­col­lante, durante la rissa, sem­bra notare uno dei man­ga­nelli lasciati cadere dagli agenti che stanno pic­chiando Keu­nang. Lo rac­co­glie e lo osserva in appa­rente stato con­fu­sio­nale. In quel momento due agenti che la sovra­stano fisi­ca­mente lasciano la mischia e si lan­ciano sulla esile donna afro ame­ri­cana, spin­to­nan­dola a terra e ammanettandola.

Quella che sem­brava essere una sem­plice appen­dice a un tra­gico fatto di ordi­na­ria ingiu­sti­zia, rischia di incar­nare ancora più pale­se­mente gli eccessi e gli squi­li­bri con­ge­niti di un sistema penale fuori controllo.

La set­ti­mana scorsa era stato lo stesso Obama a cri­ti­care spe­ci­fi­ca­mente le pene ecces­sive inflitte per reati minori. Primo pre­si­dente a visi­tare un peni­ten­zia­rio fede­rale, Obama aveva denun­ciato il «giu­sti­zia­li­smo puni­tivo» che in Ame­rica ha pro­dotto pro­por­zio­nal­mente la più nume­rosa popo­la­zione dete­nuta al mondo (25% dei dete­nuti mon­diali sono ame­ri­cani) e la spro­por­zione con la quale que­sti appar­ten­gono a mino­ranze etniche.

Pochi giorni dopo un assi­stente pro­cu­ra­tore di Los Ange­les ha annun­ciato che chie­derà per Tri­shawn Car­dessa Carey la mas­sima pena pre­vi­sta per il reato di resi­stenza a pub­blico uffi­ciale: da 25 anni all’ergastolo.

Pur risul­tando evi­dente dal video che Carey — dopo aver rac­colto il man­ga­nello non accenna mai a voler farne uso alcuno — la donna è in car­cere da quat­tro mesi con l’ulteriore accusa di «assalto a mano armata con­tro un agente di poli­zia». Carey è apparsa in tri­bu­nale per l’udienza istrut­to­ria in lacrime su una sedia a rotelle.

Il suo avvo­cato ha fatto notare che alla donna, costretta alla pro­sti­tu­zione dall’età di 14 anni, sono stati dia­gno­sti­cati nume­rosi epi­sodi di «psi­cosi acuta». A que­sta con­di­zione sono da ricon­durre pic­coli pre­ce­denti penali (risse e furti) che per le leggi cali­for­niane sulla tol­le­ranza zero potreb­bero ora giu­sti­fi­care una mas­sima pena.

All’udienza hanno pre­sen­ziato anche una doz­zina di mili­tanti del movi­mento Black lives mat­ter con­tro gli abusi di polizia.



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