Bonomi e Draghi vogliono un “Patto per l’Italia”: «Niente conflitto, ma compartecipazione»

Bonomi e Draghi vogliono un “Patto per l’Italia”: «Niente conflitto, ma compartecipazione»

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Neoliberismo all’italiana. All’assemblea annuale il presidente di Confindustria Carlo Bonomi lancia un “Patto per l’Italia”, molto simile a quello proposto da Draghi nella stessa sede, da siglare con i sindacati su smart working, sicurezza e politiche attive del lavoro. I sindacati cauti, vogliono vedere le carte e “partire dai contenuti”. Landini (Cgil): “Da Draghi e Bonomi nessuna parola sui licenziamenti, le delocalizzazioni delle multinazionali, evasione fiscale e pensioni o sulla precarietà”

«La parola “Patto” in sé non capisco cosa voglia dire, voglio capire cosa c’è dentro. Il patto che proporrei è di fare accordi e contratti, che riconoscano il valore del lavoro, di superare la precarietà e affermare diritti uguali per tutti nel lavoro. A me sembra che questo sia l’elemento centrale». è la risposta guardinga del segretario della Cgil Maurizio Landini alla proposta di un «Patto per l’Italia» ai sindacati fatta dal capo degli industriali Carlo Bonomi durante l’assemblea annuale di Confindustria. «Dal palco non ho sentito parole sulle multinazionali che hanno licenziato. Su questo c’è bisogno che il governo non permetta di disperdere questo patrimonio – ha aggiunto Landini – Non ho sentito nulla sull’evasione fiscale o sulla riforma delle pensioni. Sul patto partiamo dai contratti nazionali, come per lo smart working, e dalla legge sulla rappresentanza per cancellare i contratti pirata. Rivendichiamo di avere chiesto al governo un confronto. Siamo pronti a fare la nostra parte anche sulla riforma sugli ammortizzatori sociali». La Cisl è d’accordo, mentre la Uil è sembrata cauta: «Basta con gli insulti. La sfida è sedersi al tavolo ma le parti non si parlano». I confederali sono stati convocati lunedì da Draghi per parlare di salute e sicurezza sul lavoro.

QUALCHE contenuto il «patto» di Bonomi su smart working, sicurezza e politiche attive del lavoro ce l’ha. In primo luogo è politico: estendere l’intesa che tiene in piedi la maggioranza da unità quasi nazionale del governo Draghi alle relazioni tra le parti sociali per gestire gli oltre 200 miliardi del «Piano di ripresa e resilienza» (Pnrr). Questo è il vincolo che, probabilmente, sarà riproposta per formare gli esecutivi che verranno nei prossimi anni. Lo schema non è originale. Anche la storia repubblicana più recente ha visto una successione di patti «per il lavoro» o per la «fabbrica». Più che la cogestione sul modello ordoliberale tedesco sembra prevalere un disorganico patto di consultazione tra le parti sociali e il governo per assicurare il governo indiretto dello Stato nell’economia e dell’economia sul protagonismo della società e del lavoro. Non a caso nessuno parla di ribaltare le riforme neoliberali del lavoro, della scuola e dell’università degli ultimi 30 anni, per esempio. «Niente antagonismo, serve più compartecipazione»: così Bonomi ha sintetizzato lo spirito della pax draghiana. Il suo contenuto è: evitare ogni forma di lotta di classe in una società classista come la nostra.

L’APPELLO alla «compartecipazione» di Bonomi è stato accompagnato da una visione aggressiva della concorrenza, dal rifiuto di tassare profitti e rendite, dall’opposizione contro un sistema pubblico delle «politiche attive del lavoro» che, prima o poi, il ministro del lavoro Andrea Orlando presenterà insieme alla pluriannunciata riforma degli ammortizzatori sociali. Bonomi è stato netto: non puntare «tutto solo sul sistema pubblico e sui navigator», ma fare come in Germania dove esiste «un modello misto» pubblico-privato di Workfare che non è solo un sistema di incrocio tra domanda e offerta di lavoro, bensì un governo di poveri, precari e disoccupati contrario alla loro emancipazione.

I NEOLIBERISTI ALL’ITALIANA trascurano il fatto che l’ordoliberalismo tedesco è basato su uno Stato che si coordina con i Länder. Insieme occupano più di 100 mila persone solo nelle «politiche attive». Cosa impensabile in Italia che sconta un ritardo trentennale nella trasformazione di un welfare ingiusto e disfunzionale, di natura familistica, in un sistema che persino in Germania Spd e Verdi vorrebbero rendere meno efferato. Da noi, invece, anche sulle politiche occupazionali c’è un conflitto tra lo Stato e le regioni non risolto dal titolo V della Carta. Orlando pensa di rimediare con i «voucher» da usare nelle agenzie interinali e nei centri per l’impiego. Nella stessa direzione sembra andare Bonomi: «Pari dignità tra pubblico e privato» e «collaborazione» tra Confindustria e sindacati. Invece di affermare i diritti fondamentali delle persone, si vincolano queste ultime agli interessi di enti terzi nella «formazione e ricollocazione dei lavoratori».

* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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  Foto: Farmlandgrab.org

C’era una volta la terra. Serviva per coltivare e per sfamare. Oggi non c’è più. O meglio serve per “investire” e per “affamare”. La recente corsa alla terra si è fatta, infatti, selvaggia e senza precedenti. I poveri in tutto il Mondo continuano ad essere sfrattati con la violenza, senza essere consultati né risarciti, da investitori di tutti il mondo, perdendo le loro case e l’accesso alla terra, che è quasi sempre la loro unica fonte di cibo e guadagno.

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