Bancarotta da 30 milioni Arrestato Angelo Rizzoli

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ROMA — Erano gli anni del crac dell’Ambrosiano, dell’ascesa di Licio Gelli e delle interferenze della P2. E Angelo Rizzoli, iscritto a sua volta alla loggia, fu arrestato — era il 1983 — per una bancarotta da 85 miliardi di lire (ma la condanna fu revocata dalla Cassazione).
Oggi, i magistrati che hanno richiesto le misure cautelari nei suoi confronti sono riusciti a ricostruire distrazioni «dolose» per circa 30 milioni di euro.
Indagando su quattro fallimenti praticamente seriali che, negli ultimi anni, avevano riguardato società  controllate dalla holding «Rizzoli Audiovisivi srl», i pm Francesco Ciardi e Giorgio Orano, coordinati dal procuratore aggiunto Nello Rossi, hanno ricostruito diverse appropriazioni e un’evasione tributaria nei confronti di Inps ed Enpals pari a 6 milioni di euro. Secondo i calcoli dei finanzieri del Tributario, Rizzoli ne deve anche 14,5 all’erario. Come è scritto nell’ordinanza, lui stesso «distraeva e comunque dissipava i beni e le risorse economiche delle società , prelevando dalle casse sociali a titolo di compenso di amministratore dal 2004 al 2011 (periodo in cui la società  faceva registrare perdite complessive per 7 milioni e 286 mila euro) la somma di 6 milioni e 32 mila euro e, dal 2009 al 2011, di euro 2 milioni 392 mila e 927». Una cifra, è scritto, «sproporzionata e incongrua all’andamento economico della società  e al progressivo aumento della sua esposizione debitoria e comunque eccedente di 2 milioni e 314 mila euro complessivi il compenso autorizzato dalla assemblea dei soci». Tutte operazioni avvenute attraverso le srl Produzioni internazionale, Ottobre film, Delta produzioni e Nuove produzioni. Dagli anni Novanta l’ex editore del Corriere della Sera produceva e distribuiva sceneggiati, film e soap opera per la televisione. Sue le fiction Capri, Ferrari, Il generale della Rovere, Cuore, Marcinelle, come pure il film Si può fare con l’attore Claudio Bisio. Ma il punto, secondo gli investigatori, è proprio questo. Che, cioè, una volta realizzati (e venduti) i film, quelle società , inizialmente utilizzate per le spese vive, venivano svuotate e pilotate verso il fallimento. Mentre i ricavi venivano trasferiti alla Gedia srl, cassaforte di famiglia, amministrata dalla moglie Melania De Nichilo Rizzoli, deputato del Pdl. Un patrimonio amministrato con lungimiranza e investito in almeno sette immobili. Abitazioni o tenute prestigiose come la «Ca’ de dogi» all’Argentario e la residenza (21 stanze) ai Parioli ora sotto sequestro. Il tutto stimato all’incirca sette milioni di euro.
Nel corso della mattinata il provvedimento di custodia cautelare nei confronti dell’editore è stato trasformato in trasferimento protetto all’Ospedale Pertini, dove il giudice per le indagini preliminari, Aldo Morgigni, ha acconsentito fosse trasferito. Rizzoli è difeso dall’avvocato Franco Coppi. Con lui è indagata anche la moglie che, in qualità  di socio, procuratore o amministratore unico delle società  fallite avrebbe, di volta in volta, concorso al crac. Con lei l’editore ha avuto due dei suoi figli, mentre un terzo era nato dal suo rapporto con Eleonora Giorgi.


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