L’armata Bundesbank

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Come chiamare altrimenti quel che sta avvenendo nel nostro continente? Siamo talmente presi a seguire le cabrate dell’imperialismo Nato, i tonneau dei Mirages di Nicolas Sarkozy, le picchiate dei Tornado di David Cameron, da perdere di vista il pugno d’acciaio con cui la Germania unificata di Angela Merkel impone le sue regole draconiane. Una volta, per abolire la costituzione di un paese e privarlo della sua sovranità  bisognava invaderlo, occuparlo militarmente. Oggi Grecia, Irlanda e Portogallo sono state assoggettate dalle cambiali. Perché assoggettate? Perché qualunque governo gli elettori abbiano scelto, qualunque politica abbiano votato, devono comunque sottostare alle condizioni della Banca centrale europea, devono decurtarsi gli stipendi, dimezzare le pensioni, privarsi della sanità  pubblica, chiudere scuole, biblioteche, ospedali. Come riferiva il Wall street Journal di ieri, gli stipendi della funzione pubblica in Grecia sono stati tagliati fino al 25%. E cosa possono fare i greci oltre che protestare invano? Qui sta la grande differenza con l’invasione armata: che questa volta i paesi occupati hanno abdicato alla propria sovranità  senza fiatare. E contro chi vuoi resistere? Contro uno sportello di banca? In quale maquis ti puoi arruolare? Tra gli indomiti debitori morosi? 
Perché il problema è questo: i banchieri che t’impongono l’austerità  non sono stati eletti da nessuno, nessuno li può mandare a casa. Cosa può fare contro Jean-Claude Trichet (e domani contro Mario Draghi) un greco o un portoghese o un irlandese? Non c’è nessun governo eletto da far cadere. Altro che Europa del capitale! Stiamo assistendo a una dittatura informale del capitalismo (un po’ come “informale” era detto l’imperialismo Usa). In Europa la sovranità  popolare non ha mai avuto grandi quotazioni, ma adesso è stata proprio degradata a «titolo spazzatura».
Ogni volta che ci parlano del «popolo sovrano» ci sentiamo presi in giro. Mai come oggi si pone un problema di democrazia. Ci vorrebbe una «primavera europea», altro che «primavere arabe».
I finanzieri non devono rispondere a nessuno, neanche ai loro azionisti: tanto, se mandano in rovina le proprie banche, ci pensano i provvidi governi a salvarle. Infatti due anni fa le banche erano messe assai peggio di Grecia o Portogallo, ma questi templi della «razionalità  del mercato» furono considerati too big to fail, troppo grandi per lasciarli fallire, e così gli Stati uniti cacciarono più di 3.000 miliardi di dollari per «confortarli» (relief). E la Germania fu altrettanto prodiga verso i propri istituti di credito, anche se con più discrezione. Tutte queste banche sono state salvate con i nostri soldi. Invece Portogallo e Grecia sono evidentemente too small to save. Ma non sarebbe il caso ora di salvare noi con i soldi delle banche?
Certo, il problema non si limita all’Europa dell’euro. Disoccupati, pensionati e pubblici dipendenti inglesi stanno pagando con lacrime e sangue le sovvenzioni elargite alla Royal Bank of Scotland e ai Lloyds (una ragione non secondaria del trionfo degli indipendentisti scozzesi alle ultime, recenti elezioni).
E poi c’è un versante che nemmeno la potente Germania controlla. Un tempo c’era sempre un esercito (o una flotta) più potente del tuo, come tante volte ha sperimentato la Germania. Oggi c’è sempre un capitalismo più forte del tuo. È quello delle agenzie di rating, Moody’s e Standard & Poor’s. Le agenzie di rating assegnano voti ai debitori: peggiore il voto, più alto è considerato il rischio, quindi più alta deve essere la remunerazione di chi presta e quindi più salati gli interessi pagati sul proprio debito. 
Il problema è che queste agenzie di rating sono imprese private, possiedute da privati, spesso proprietari di Hedge Funds: il 19,1% delle azioni di Moody’s appartiene all’«oracolo di Omaha», Warren Buffett, il secondo uomo più ricco d’America, che specula sui debiti cui la sua Moody’s assegna i voti (ratings). Anche qui, un 81enne miliardario del Nebraska determina se tua nonna perderà  la pensione a Portogruaro o Ariano Irpino. Di nuovo un problema di democrazia.
Ma vi è anche un problema di sinistra europea. Ancor più della tracotanza teutonica, colpisce l’indifferenza con cui le varie sinistre europee hanno accolto questo esercizio di dispotismo finanziario. Come se la faccenda non riguardasse noi italiani (o i francesi che se la stanno facendo sotto all’idea di perdere la tripla AAA di rating). Non vorremmo essere costretti tutti a parafrasare la famosa sentenza del pastore Martin Niemà¶ller: «Prima se la presero con i greci, ma io non protestai perché non ero greco. Poi se la presero con gli irlandesi. Ma non protestai perché non ero irlandese. Poi se la presero con i portoghesi, ma non protestai perché non ero portoghese….. Quando poi se la sono presa con me, non c’era rimasto nessuno a difendermi».


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