La rivolta dei tassisti che spaventa Mosca

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MOSCA. Non ci sono riusciti i difensori dei diritti umani, né quelli che vogliono salvare le palazzine del centro dalle ruspe o fermare la costruzione di autostrade al posto di foreste secolari. E’ probabile però che l’impresa di una vera manifestazione di piazza, che paralizzi il traffico di Mosca e scalfisca l’imperturbabilità  del premier Vladimir Putin, riesca a una categoria meno nobile ma molto più decisa: i tassisti abusivi, spinti dallo spirito di sopravvivenza e da un favore popolare che sarebbe impossibile in molti altri paesi del mondo. Condannati, almeno teoricamente, all’estinzione da una ordinanza del sindaco che dal primo settembre prevede finalmente un rigido sistema di controlli e di licenze, i cinquantamila e passa tassisti “spontanei” di Mosca minacciano cortei selvaggi e il blocco delle strade della capitale, forti del loro numero e soprattutto dell’amore della gente che in stragrande maggioranza è schierata dalla loro parte.
Il fatto è che Mosca, una delle più grandi e popolate città  del pianeta, da quasi vent’anni non ha una vera e propria rete di taxi. Dalla fine del comunismo nel ‘91, disciolta l’azienda statale che forniva un servizio capillare e a buon mercato con le sue Volga giallo canarino, tutto è affidato all’improvvisazione nella assoluta assenza di regole. Particolare che, in un paese dominato da regole rigide e spesso ottuse, acquista tutto un fascino particolare. Da anni i moscoviti e gli sbalorditi turisti stranieri sanno che per andare da qualche parte non ci sono parcheggi speciali da raggiungere o centralini telefonici da chiamare. Basta mettersi sul ciglio della strada e fare il gesto dell’autostoppista.
Pochi minuti e si fermerà  un’auto, e il conducente contratterà  al volo la cifra per la meta da raggiungere. Cifre basse, alla portata di tutti. Anche se non si è molto abili nel mercanteggiare si possono percorrere decine di chilometri con pochi euro. In cambio bisognerà  accettare di salire su vecchie Zhigulì o Lada degli anni Settanta, tollerare gli scossoni dovuti ad ammortizzatori mai revisionati, e accettare con rassegnato spirito di sopportazione la frequente imposizione di musica caucasica a tutto volume imposta dalla autoradio di bordo. La maggioranza dei tassisti è infatti di origine uzbeka o tagika. Immigrati dalle ex repubbliche socialiste sovietiche dell’Asia. Lavorano giorno e notte, senza pause. Si cedono l’auto a giro tra a amici e parenti. Rispondono a un non meglio identificato racket che con gli anni si è fatto sempre più potente e sul quale nessuno ha mai voluto indagare. A completare la flotta di irregolari ci sono poi i moscoviti disoccupati, sempre di più, o semplicemente quelli che hanno bisogno di arrotondare un po’.
In fondo è facile. I clienti sono tanti. E’ come dare un passaggio. E ci si può pagare la cena e con un po’ di fortuna anche di più. Tranne che agli stranieri di passaggio che proprio non riescono ad accettare la cosa, il fenomeno sta bene a tutti. Anche perché c’è una sorta di codice d’onore che finora è sempre stato rispettato: nessuna violenza, nessuna truffa, pochissimi screzi con i clienti. Anche nel cuore della notte, perfino nelle periferie più sperdute, il brivido del passaggio a pagamento non è di fatto pericoloso.
Ecco perché l’idea del sindaco di adeguarsi agli standard internazionali non piace a nessuno. Secondo uno schema che appare assolutamente legittimo, il comune di Mosca pretende che gli autisti si dotino di auto revisionate, adottino un tassametro sigillato e verificabile, e addirittura che abbiano una patente valida per la Russia. Tutti particolari che taglierebbero fuori gli attuali tassisti moscoviti e che soprattutto alzerebbero e di molto le tariffe. La rivoluzione investirebbe anche le rare compagnie ufficiali che attualmente presidiano con meno di diecimila auto i grandi alberghi e gli aeroporti. Loro hanno già  le insegne, perfino i tassametri, ma si ribellano alla “folle pretesa” municipale di una ricevuta obbligatoria e di un controllo medico quotidiano anti-sbornia per i loro autisti. La rivolta è dunque nell’aria e la protesta potrebbe giungere a sorpresa da qui a fine agosto. Il sindacato, anch’esso abusivo, ha già  scritto una lettera a Putin mettendo in chiaro che l’aumento dei prezzi potrebbe mandare in bestia la gente già  afflitta dalla crisi. Il premier tace. Ma è nel pieno di una difficile campagna elettorale per le politiche di dicembre e ci tiene agli umori della popolazione. Pare che siano già  allo studio delle proroghe per salvare gli abusivi. La modernizzazione del paese, almeno per quanto riguarda i taxi, può attendere.


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