L’America di Obama? Per gli arabi è anche peggio di quella di George Bush

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WASHINGTON— «Il nuovo inizio» tra gli Stati Uniti e il mondo arabo è, quanto meno, rimandato. Nelle terre inquiete del Medio Oriente la popolarità  dell’America di Barack Obama è più bassa rispetto agli anni di George W. Bush. È il risultato, spiazzante, di un sondaggio condotto dall’istituto di ricerca Zogby International per conto dell’Istituto Arabo Americano, lobby bipartisan che cura gli interessi della comunità  araba nei circuiti politici di Washington.
 L’indagine è stata condotta nelle ultime settimane, interpellando un campione di circa 4 mila cittadini in sei Paesi: Marocco, Egitto, Libano, Giordania, Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Ebbene, la fabbrica del consenso obamiano pare funzionare solo in due Stati. Nel tormentato Libano, dove il tasso di popolarità  dell’attuale amministrazione Usa è cresciuto del 2%. E in Arabia Saudita, l’alleato più solido della regione, 17%in più. L’opinione pubblica di tutti gli altri Paesi boccia il leader della Casa Bianca. Non solo: a parte i sauditi, la maggioranza di tutti gli altri ritiene che «il contributo alla pace» americano nella regione sia addirittura inferiore a quello offerto dall’Iran. In particolare colpisce il dato egiziano. Il 95%degli intervistati si dichiara deluso dalla condotta politica degli Stati Uniti.
 Eppure proprio all’Università  del Cairo, il 4 giugno 2009, Obama aveva pronunciato un discorso dagli accenti kennedyani promettendo, appunto, «un nuovo inizio» nei rapporti tra America e musulmani, «basato sul mutuo interesse e sul mutuo rispetto» .
Gli studenti lo avevano applaudito con grande trasporto. E molti di loro sono stati i protagonisti della rivolta di Piazza Tahrir e della cacciata di Mubarak, partner fedele lautamente finanziato da Washington. Negli ultimi mesi i «nuovi» egiziani hanno cercato una sponda tra le democrazie europee e quella americana. Secondo il sondaggio, evidentemente, non l’hanno trovata. Più in generale, è l’intera politica estera della Casa Bianca a essere messa in discussione.
Negli ultimi 4-5 mesi Obama e il segretario di Stato Hillary Clinton hanno riposizionato gli Stati Uniti, mettendo alla porta gli antichi alleati (o interlocutori) travolti dalla «primavera» : Ben Alì in Tunisia, lo stesso Hosni Mubarak in Egitto, Muhammar Gheddafi in Libia e ora, notizia di ieri, il presidente siriano Bashar al-Assad.
Nel mese di maggio Obama aveva praticamente litigato in pubblico con il premier Benjamin Netanyahu, sostenendo che il suo Paese, Israele, si sarebbe dovuto ritirare entro i confini del 1967 per lasciare spazio allo Stato indi- pendente di Palestina. In parallelo il grande colpo: l’uccisione di Osama Bin-Laden. Ma la chiave di lettura degli arabi non è la stessa di quella largamente diffusa in Occidente. Per esempio la maggior parte dei cittadini scrutinati ritiene che il blitz anti Al-Qaeda sia stato «un’ostentazione di potere» più che una cosa positiva per il mondo musulmano, al di là  del giudizio negativo sul terrorismo fondamentalista. E così la questione palestinese, con «l’occupazione delle terre da parte israeliana» , resta per il 66%«un ostacolo ingombrante sul processo di pace» .
 Alla fine si torna sempre al punto di partenza. Obama in difficoltà  con gli arabi, ma, stando a un sondaggio Gallup, ora il presidente perde punti anche nella comunità  ebraica americana. «Tasso di approvazione» : dal 60%del mese scorso al 46%di questi giorni. Nel 2008, quando arrivò alla Casa Bianca, era pari al 78%.


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