Le Borse credono nella firma Ma il dollaro resta sui minimi

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L’accordo riuscirà  a fare da spartiacque tra l’inizio di agosto e una settimana horribilis, quella che si è conclusa venerdì, la peggiore dell’anno per Wall Street e che ha fatto soffrire molto anche Milano e le altre piazze mondiali? Gli occhi sono puntati su Washington ma già  l’annuncio della bozza di accordo preliminare tra democratici e repubblicani è stato accolto in modo positivo dal listino Bloomberg delle duecento principali società  quotate del Golfo Persico, le sole Borse aperte nella giornata di ieri.
Dopo un mese debole e una settimana in discesa, l’indice ha registrato il segno più. L’Europa sta già  subendo da mesi la crisi dei debiti sovrani e il timore che il contagio finanziario della Grecia arrivi al resto dell’eurozona. Se poi si guarda a Piazza Affari, i tentativi dell’Italia di trasmettere fiducia agli investitori sono risultati ancora insufficienti. Venerdì, infatti, lo spread tra i titoli di Stato decennali italiani e quelli tedeschi aveva toccato i 339 punti base. Nelle ultime sedute le piazze finanziarie — che avevano mantenuto la calma nei confronti del crescente debito americano — hanno mostrato una maggiore tensione. Il presidente Barack Obama sabato lo ha ribadito: «È il momento di agire per gli americani. È il momento di un compromesso» . E anche Wall Street è uscita allo scoperto per scongiurare il peggio facendo pressioni sul Congresso: i banchieri hanno sommerso gli staff di parlamentari e senatori con analisi dell’impatto di un default o di un downgrade. Anche l e Borse asiatiche attendono l’accordo con preoccupazione.
Nelle intenzioni (disattese) di Obama c’era il r a g g i u n g i -mento dell’intesa prima che aprissero Tokyo, Hong Kong e Shanghai. La Cina è il maggiore creditore estero degli Stati Uniti con 1.600 miliardi di dollari di titoli di Stato mentre il Giappone è il secondo creditore estero. Su Tokyo pesa anche il rischio di un rafforzamento dello yen sul dollaro, che andrebbe a peggiorare la situazione economica del Paese colpito dallo tsunami. Ma un biglietto verde debole non piace nemmeno all’Europa, la cui lenta ripresa economica è fortemente legata all’export, che rischia di essere penalizzato da una moneta unica troppo forte. Venerdì scorso l’euro è arrivato a valere 1,4395 sul dollaro contro 1,4324 di giovedì. Gli analisti avevano previsto sedute caratterizzate da grande volatilità , così come poi è stato. E l’incertezza che continua a regnare sul fronte americano così come su quello europeo non sembra indicare un cambiamento di passo da parte degli investitori.
 Ad agosto i volumi di scambio in Borsa in genere scendono ma è anche uno dei mesi preferiti dagli speculatori per colpire. Insomma, per il Vecchio Continente l’accordo americano potrebbe portare sì un effetto benefico, ma di breve respiro: l’Europa paga la sfiducia nei confronti della strategia anti-contagio messa in atto da Bruxelles (il nuovo fondo salvataggi non sarà  operativo prima di fine settembre) e la debolezza politica nella difesa dell’euro. Dall’Italia, poi, e dai suoi politici gli investitori si a s p e t t a n o s c e l t e d i discontinuità . Anche se è agosto.


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