I costi dei test ai lavoratori

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Sulla manipolazione delle cifre circa le conseguenze penali della legge antidroga ha già  scritto Stefano Anastasia e in più abbiamo offerto un’approfondita analisi sui cinque anni di applicazione della legge con il Secondo Libro Bianco. Stavolta esaminiamo il capitolo dei test ai lavoratori per valutare gli effetti dell’impostazione moralistico-repressiva che vuole colpire anche il semplice uso «sporadico e saltuario» di qualsiasi sostanza psicoattiva considerato sufficiente per stabilire l’inidoneità  a mansioni a rischio. Nel 2010 sono stati sottoposti al test di primo livello 86.987 soggetti rispetto ai 54.138 del 2009. La positività  riscontrata a questo esame è stata dello 0.63%, pari a 551persone (autoesclusi o obiettori, 10): per il 64,6% riguarda i cannabinoidi, per il 19,6% la cocaina, il 4,2% gli oppiacei, il 3,8% il metadone e il 4,5% la codeina. Si hanno anche i risultati di 177 soggetti sottoposti all’accertamento di secondo livello (ossia il test di conferma eseguito quando il primo risulta positivo): i cannabinoidi rimangono la prima sostanza con il 60,7%, seguita dalla cocaina con il 25,5% , seguite dagli oppiacei con il 6,2% e il metadone con il 2,1%. Quasi il 69% ha una diagnosi di consumo occasionale e al 13% del campione è stata riscontrata una diagnosi di tossicodipendenza, ovviamente in prevalenza per cannabinoidi. Vengono così confermate le ragioni dell’opposizione dei sindacati a una pratica di controllo che ha il sapore più della schedatura e della discriminazione attraverso la condanna dello stile di vita che di una reale preoccupazione di salute e di sicurezza. Questa operazione è costata alle aziende quasi cinque milioni di euro! In un tempo di tagli crudeli segnaliamo uno spreco assurdo che cozza contro il principio di costi e benefici. Infatti, la tariffa media degli esami di primo livello è di quasi 50 euro per persona e quella di secondo livello è di 85 euro. Come scriveva Giuseppe Bortone, si tratta di una caccia agli untori. Ed è ancora più preoccupante che si parli di estenderla massicciamente a nuove categorie, come i medici e gli insegnanti, con la logica di “colpirne uno per educarne cento” (anzi, sarebbe meglio dire “colpirne cento per educarne uno”). A Giovanardi piace usare il cannone per colpire un moscerino: come prevenzione non c’è male. D’altronde quale sia il suo vero obiettivo ideologico è espresso chiaramente nella presentazione del documento: «Quando il fronte è compatto ed esplicitamente contro l’uso di tutte le droghe, il consumo chiaramente diminuisce; quando, invece, si invoca la legalizzazione o l’apertura di “camere del buco” o si insiste su politiche di riduzione del danno, i livelli di consumo aumentano vertiginosamente». Ovviamente non vi è prova alcuna che le stanze del consumo e altri interventi di riduzione del danno facciano aumentare i consumi, mentre ci sono ampie evidenze della loro efficacia per tutelare la salute pubblica. Ma si sa, scienza e propaganda non vanno d’accordo.


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