Multiutilities e trasporti locali, un’altra ondata di svendite

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 C’è una ulteriore stretta sulle privatizzazioni dei servizi pubblici locali all’interno del decreto legge sviluppo. La bozza divulgata ieri nel tardo pomeriggio all’articolo 84 modifica in peggio il già  pessimo articolo 4 della manovra del 13 agosto scorso. Con il titolo «Ulteriori interventi in materia di liberalizzazioni dei servizi pubblici locali», il pacchetto del governo affina le armi per la grande ondata di cessioni di parti essenziali dei servizi ai privati, seguendo le indicazioni arrivate con la lettera della Bce (e senza tener conto dell’esito dei referendum di giugno, in cui si diceva nettamente no alla messa in vendita dei servizi pubblici locali e più in generale alle privatizzazioni, non solo del’acqua). La modifica più importante introdotta potrebbe riguardare le multiutility, quelle società  – sempre più diffuse in Italia, nate spesso dall’accorpamento di diverse municipalizzate – che gestiscono rifiuti, acqua, trasporti e energia. Oltre alla romana Acea – holding che fornisce il servizio idrico e la corrente nella capitale e da alcuni anni punta anche al mercato dei servizi ambientali – a forte rischio privatizzazione sono i grandi gruppi del centro-nord, come la multiutility emiliana Hera e la Iren, gestore di diversi servizi tra Piemonte e Liguria.

«Con la stessa delibera gli enti locali valutano l’opportunità  di procedere all’affidamento simultaneo con gara di una pluralità  di servizi pubblici locali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa», si legge nella bozza del decreto sviluppo. Un’unica delibera, che consegna ai privati l’insieme di servizi gestiti dai comuni.
La stretta potrebbe però consentire l’allargamento della privatizzazione anche a settori sfuggiti fino ad oggi alla manovra di agosto. Alcune fonti parlamentari riferiscono di diverse riunioni avvenute nei giorni scorsi tra grandi comuni del centro-nord ed esperti inviati dal governo. Sul tavolo c’era il dossier della cessione delle quote ai privati anche per i parcheggi e il verde pubblico. L’ingresso delle società  di capitale in questi settori potrebbe ora essere ulteriormente agevolato dall’allargamento dei possibili interventi di privatizzazione, utilizzati per far cassa dalle amministrazioni comunali. Il rischio di una svendita è concreto: l’obbligo da parte del governo di cedere le quote farebbe calare il valore di mercato dei servizi, rendendo la vita facile alle società  private.
Per rendere ancora più chiaro l’obiettivo del governo, nel decreto sviluppo – nella sua versione nota ieri sera – è stata poi inserita una frase chiave: «Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili». Per ora rimane escluso dall’articolo quattro della manovra di agosto il settore idrico (anche perché in quest’ultimo caso la sconfessione del referendum sarebbe pacchiana e palesemente incostituzionale, a pochissimi mesi dal voto), ma con il decreto sviluppo viene rafforzata – ed esplicitamente citata – la privatizzazione del trasporto pubblico locale, anche su base regionale. Un provvedimento, questo, che da una parte attira gli appetiti dei grossi operatori multinazionali – spesso già  presenti in Italia nel campo dell’acqua e dei rifiuti – aprendo, d’altra parte, la strada ad aumenti pesanti sulla mobilità .


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