Pensioni ko e flexsecurity
La ministra del Welfare annuncia le misure al via già lunedì: contributivo per tutti e aumento di età per le donne. Ma si teme anche il congelamento degli assegni. E apre al reddito minimo garantito I primi provvedimenti sulle pensioni arriveranno velocemente, «in pochi giorni», già «lunedì prossimo», come ha confermato ieri a Bruxelles la nuova ministra del Welfare Elsa Fornero. Ci sarà probabilmente un passaggio con i sindacati, ma anche quello sarà rapido. Perché c’è l’urgenza dei conti italiani e perché – come ha spiegato la stessa Fornero – «queste riforme ce le chiedono Bruxelles e i mercati».
Quel che è certo, anche perché Fornero lo ha anticipato, è che già al consiglio dei ministri di lunedì si deciderà l’estensione del metodo contributivo pro-rata per tutti. «Una delle misure» che sarà presentata lunedì prossimo al consiglio dei ministri «sarà l’introduzione del metodo contributivo pro rata basato sull’uniformità di trattamento», ha detto Fornero, aggiungendo che d’ora in poi «se si faranno eccezioni, saranno non più verso l’alto ma solo verso il basso, secondo equità ». Un altro tema che verrà affrontato sarà «forse l’accelerazione di alcuni sentieri di adeguamento, per esempio dell’età pensionabile delle donne, che erano già stati adottati dal governo precedente». Nessun accenno, invece, allo spostamento della soglia di anzianità oltre i 40 anni, ma secondo molti anche questo punto sarà oggetto di modifica.
Nessun accenno, anche, al blocco degli adeguamenti delle pensioni a partire da gennaio, il provvedimento più temuto e che farà più male alle tasche degli anziani: la Cgia di Mestre ha calcolato che frutterebbe 4,4 miliardi di euro, ma perché sia segnato dall’«equità » non basterebbe certo esentare solo quelle minime (467 euro), ma bisognerebbe risparmiare (almeno) anche quelle sotto i mille euro, e quindi il gettito sarebbe a questo punto nettamente inferiore.
Quanto al dialogo con le parti sociali, la ministra ha detto che «c’è la disponibilità mia e del presidente del consiglio». «Abbiamo l’intendimento di vedere le parti sociali, ma questo dipende dal presidente del consiglio – ha aggiunto – e dai vincoli di tempo, perché noi ne abbiamo poco per queste azioni che ci sono richieste da Bruxelles e dai mercati».
Fornero ha parlato anche delle riforme del mercato del lavoro e della «flexsecurity», ma si è mantenuta più sul vago, anche perché «al consiglio dei ministri del 5 non ci saranno misure specifiche». Un’affermazione importante, però, l’ha già fatta: «Lavorerò perché ci sia l’introduzione di un reddito minimo garantito, che però va congegnato e inserito in un pacchetto più ampio». La ministra ha poi precisato che «si tratta di mie preferenze personali» e non del governo.
La titolare del Welfare ha detto che da lunedì in poi si comincerà a studiare una introduzione anche in Italia della «flexsecurity», «cercando di dare chances di lavoro vero ai giovani e alle donne, e a tutti quei precari che sono stati finora ai margini». Nessun accenno all’articolo 18, ma è chiaro che l’aumento e l’estensione degli ammortizzatori sociali vengono visti dal nuovo governo come il normale contorno di un alleggerimento della rigidità in uscita.
Il Pd, con Livia Turco ha apprezzato l’uscita sul reddito minimo. Il reddito minimo garantito ha già dei precedenti in Italia: in Lazio ad esempio si è sperimentato (ma adesso i fondi sono esauriti e tutto è bloccato) una sorta di sussidio dato a chi non lavora, che nell’intenzione dei teorici di questo strumento non dovrebbe andare più soltanto ai disoccupati (cioè chi ha già lavorato almeno una volta), ma a una platea più vasta che include anche gli studenti e/o chi è in cerca di prima occupazione. Cosa però abbia in mente Elsa Fornero di preciso è ancora ampiamente un mistero.
La leader Cgil Susanna Camusso ha ribadito che «la riforma annunciata è contraria all’equità », che «i pensionati hanno già dato», e che «il superamento della dualità tra precari e garantiti non si risolve togliendo i diritti a tutti». Quanto alle pensioni, il presidente dell’Inps Antonio Mastropasqua, ha detto che «l’età di uscita va innalzata»: secondo l’istituto nei primi 10 mesi del 2011 l’età media di uscita è stata di 58,7 anni (nel 2010 era 58,6); i due terzi dei pensionati per anzianità nel 2010 sono usciti con 40 anni di contributi.
Related Articles
La rabbia della banche italiane “Penalizzati dai criteri europei”
Via Nazionale: agli istituti potrebbero servire meno di 14 miliardi A parte Unicredit, difficile vedere altri aumenti Mps non restituirà i Tremonti bond La Fondazione Mps: “Qui si rischiano ripresa e tenuta dell’Europa, ha ragione Guzzetti”
La crisi preoccupa Ma per un italiano su 4 il peggio è alle spalle
Crisi: Il 22% teme per la propria condizione
I libri di Barnes & Noble al capitolo finale