Bonifici, depositi, scoperti in Italia è caro-sportello si risparmia solo online

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ROMA – Le banche sono sul piede di guerra per la norma che cancella una delle voci più succose dei loro bilanci: le commissioni. Ma i consumatori esultano, comprensibilmente. In Italia un conto corrente costa in media 111 euro (dato Abi per il 2011), tra i più cari d’Europa, a cui sommare il bollo annuo da 34,2 euro (esente solo chi ha una giacenza sotto i 5 mila euro). Con servizi non sempre all’altezza. Per un bonifico in cassa verso un’altra banca si pagano 6,23 euro in media, tanto per fare un esempio. Per l’invio dei documenti, fino a 12 euro. Per gli avvisi via sms anche 2 euro al mese. Un euro, la richiesta allo sportello della lista movimenti. Si risparmia solo “online” (il 18%, in media), ma il clic non è alla portata di tutti. Un taglio netto alle commissioni, in questo quadro sconfortante, viene dunque percepito come una boccata d’ossigeno, non solo dalle imprese che usano le linee di credito per la loro attività  (e in pieno credit crunch). Ma anche dai privati che, dal 24 marzo, potrebbero non pagare più le (ex) commissioni sullo scoperto di conto, ora commissioni “Manca Fondi”. Un balzello che va da 50 euro per un solo giorno di “sconfinamento” ai 74 euro mensili. Mentre il tasso debitore sul “rosso” viaggia tra il 13,5 e il 16,6% se si va oltre il fido concesso, anche il 17% in assenza di fido.
Da tempo le associazioni dei consumatori chiedono maggiore trasparenza e quindi concorrenza, un prezzo meno “spezzettato” e dunque una sorta di inclusione delle commissioni nei tassi, così da avere un unico indicatore di prezzo, comparabile con i costi di altre banche e di altri paesi, che possa variare in funzione di alcuni parametri, come la giacenza del cliente o la sua ricchezza complessiva. Sul punto, il decreto liberalizzazioni ha sì fissato un termine certo per introdurre questa “commissione onnicomprensiva” o “commissione di istruttoria veloce” (tre mesi), ma ha cancellato la norma che fissava in 30 giorni la durata dello sconfinamento al di sotto della quale le commissioni non si calcolavano. La nuova commissione è proporzionale alla somma messa a disposizione, alla durata del fido e al tasso, ma può essere pagata anche per un giorno di sforamento (fino a 50 euro, oltre i 500 euro di “rosso”). Già  il Salva-Italia di dicembre aveva introdotto questa nuova “penale” in sostituzione del massimo scoperto, «a fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento oppure oltre il limite del fido», determinata in misura fissa e con un tetto (lo 0,5% per trimestre della somma messa a disposizione). E difatti le banche già  da gennaio hanno cominciato a inviare ai propri clienti le “proposte di modifica unilaterale del contratto”, con tanto di tabellina. Il Cresci-Italia, poi, voleva accelerarne l’applicazione, fino a quando l’emendamento “canaglia”, poi diventato, articolo 27 bis, proposto in extremis dalla senatrice Fioroni (Pd) e votato in commissione Attività  produttive a maggioranza, nonostante il parere contrario del governo, ha passato un colpo di spugna: azzerate tutte le commissioni. Un vulnus per gli istituti di credito che rischia di trasformarsi in un boomerang per i clienti perché potrebbe disincentivare l’erogazione di fidi e prestiti. Una sorta di ritorsione delle banche, per ottenerne la revisione.


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