L’articolo 18 Rischio-boom di licenziamenti e cause facile mascherarli con motivi economici

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ROMA – Il rischio è un’impennata di cause. Il pericolo è un caos giurisprudenziale. Il sospetto è l’uso indiscriminato del licenziamento individuale anche per mascherare quello collettivo e disciplinare. L’indennizzo come regola che svuota l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, relegando il reintegro ai soli e più rari casi di discriminazioni (sesso, religione, credo politico), si candida ad essere una vera bomba sociale. 
Per la prima volta in Italia, sarà  il giudice a decidere tra indennizzo e reintegro, come avviene in Germania. Ma a differenza di Berlino, da noi questo accadrà  solo per i licenziamenti illegittimi per “motivi soggettivi”, cioè i licenziamenti disciplinari (lavori male, non fai il tuo dovere, sei assente ingiustificato). Compresi – si legge nella bozza della riforma del lavoro – quelli motivati «dall’inidoneità  fisica o psichica del lavoratore» e quelli intimati a dipendenti malati o infortunati perché superano il periodo di malattia, ad esempio. 
Per tutti gli altri casi, ovvero i licenziamenti per “motivo oggettivo”, in pratica i licenziamenti economici, il modello tedesco è di gran lunga surclassato. Il reintegro non sarà  mai possibile, il giudice deciderà  un indennizzo compreso tra 15 e 27 mensilità , l’azienda non dovrà  aprire uno stato di crisi (come nei licenziamenti collettivi) né avvertire i sindacati, ma si limiterà  a inoltrare una richiesta di conciliazione alla Direzione territoriale del lavoro e al lavoratore, in cui indicherà  i motivi oggettivi e «le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione». Se la Direzione non convoca azienda e lavoratore entro 7 giorni o se la conciliazione fallisce, si ufficializza il licenziamento. Se la mediazione funziona, il lavoratore potrà  fruire di un voucher, un buono per il supporto delle Agenzie per il lavoro a trovare un altro posto. Novità  dell’ultima ora, queste, inserite dal governo per addolcire una pillola che rimane amarissima.
Ne è consapevole lo stesso esecutivo, visto che il ministro per la Coesione territoriale Barca si chiede come fare a distinguere tra licenziamenti discriminatori, disciplinari ed economici. «Un lavoratore per il quale è stato chiesto il licenziamento per motivi economici come tutelerà  il proprio diritto se invece ritiene di essere stato discriminato? Penso anche ai lavoratori iscritti alla Fiom», chiude a sorpresa Barca che poi, sui nuovi assunti nella Fiat di Pomigliano, di cui nessuno iscritto al sindacato di Landini, dà  una stoccata a Marchionne: «Ci sono aziende che hanno trovato soluzioni non ideologiche e che non aggravano ulteriormente i problemi del Paese». 
Venuta meno la deterrenza dell’articolo 18, i licenziamenti saranno obiettivamente più facili. E gli imprenditori potranno mescolare le carte. Con buona probabilità , quelli economici saranno disciplinari mascherati: ti licenzio perché voglio ristrutturare, perché gli affari vanno male, perché voglio chiudere un settore, ma in realtà  non ti voglio più in azienda perché lavori male. Chi distinguerà ? Il giudice è chiamato solo a decidere sull’entità  dell’indennizzo. Avrà  anche il potere di qualificare il tipo di licenziamento? In quali tempi? Un caos.


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