Tecnottimisti, l’esercito della Rete che pensa positivo

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Entro otto anni non esisterà  più il computer perché al suo posto avremo milioni di microchip diffusi nell’ambiente in cui viviamo: nelle auto e negli elettrodomestici, nei mobili di casa, nei vestiti, nel nostro corpo. I nostri nipoti avranno poteri analoghi a quelli delle divinità  dell’antica Grecia. Il cancro sarà  sconfitto dai microchip, i sensori nella toilette di casa raccoglieranno campioni di urine, feci e sangue, e l’analisi del Dna consentirà  la prevenzione del tumore con dieci anni di anticipo. Internet lo vedremo proiettato sulle nostre lenti a contatto: un batter di ciglia e consulteremo Wikipedia. Allo stesso modo diventeremo poliglotti istantanei, grazie a traduttori automatici online che ci appariranno sulle lenti a contatto potremmo dialogare in mandarino arabo o russo senza averli studiati». Così parlò Michio Kaku, nippo-californiano, docente di fisica teorica, co-fondatore della “teoria delle stringhe”, autore di Physics of the Future (in italiano La fisica del futuro, Codice, 2012), consacrato dal Wall Street Journal come uno dei visionari del nostro futuro prossimo. 
Bentornati, tecno-ottimisti! Dev’esserci qualcosa nel ciclo economico che comanda anche i cicli del pensiero. Da quando in America è arrivata la ripresa – stavolta quella vera, si direbbe – anche le teorie attraverso cui decifriamo il presente e prevediamo il futuro si stanno orientando sul positivo. L’esempio più citato in questi giorni è il nuovo saggio Abundance. Sottotitolo The Future is Better than You Think, per l’appunto: il futuro è migliore di quel che pensate. L’autore è Peter Diamandis, autorevole tecnologo e pluri-creatore di imprese, legato a tutti gli innovatori della Silicon Valley, fondatore di un premio speciale per la creatività  (X Prize). Diamandis fa del suo meglio per affascinarci, entusiasmarci e guarire ogni pessimismo, già  a partire dalla sua descrizione degli effetti del progresso. Ecco un esempio: se tutti i libri, tutte le parole e tutte le immagini create dall’umanità  dalle origini della nostra storia fino al 2003 sono convertite in formato digitale, occupano cinque miliardi di gigabyte. È uno spazio notevole anche nell’universo digitale dov’è la memoria dei supercomputer: equivale al numero uno seguito da una colonna di diciotto zeri. Ma dal 2003 al 2010 gli stessi cinque miliardi di gigabyte l’umanità  li ha creati ogni due giorni. L’anno prossimo produrremo quella quantità  di informazioni ogni dieci minuti. È quel che si chiama un’accelerazione di tipo esponenziale. Basta disporre di una quantità  d’informazione così smisurata – e in rapidissima crescita – per stare meglio? Prima di affrontare la risposta, riflettiamo su quest’altro dato fornito da Diamandis: un guerriero delle tribù Masai oggi ha uno smartphone e l’accesso a Google, grazie al quale dispone di più informazione di quanta ne aveva il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton quindici anni fa. Lo stesso Masai fra quindici anni avrà  a disposizione una capacità  di elaborazione dati (in formato tascabile, tablet stile iPad) equivalente alla potenza e rapidità  del cervello umano. Diamandis non ha dubbi che l’accumulazione poderosa di nuove conoscenze ci consentirà  di vincere la grandi sfide del nostro futuro: l’inquinamento atmosferico e delle acque; la sovrappopolazione; la scarsità  di energia; i bisogni di istruzione e di salute; i diritti umani e le libertà . «L’umanità  – scrive il tecno-ottimista – sta entrando in un periodo di trasformazione radicale in cui le tecnologie hanno il potenziale per migliorare sensibilmente la qualità  della vita di ogni uomo, donna e bambino del pianeta». Wow! Mi scopro a reagire coi riflessi pavloviani dell’europeo, con scetticismo. Ho l’impressione di aver già  sentito suonare le fanfare del tecno-ottimismo in altre epoche della mia vita: per esempio al passaggio del millennio, quando mi trasferii a San Francisco all’apice dell’euforia per la New Economy, nel primo boom di Internet e delle sue applicazioni. Diamandis ha una spiegazione razionale anche per la mia cautela. «È tutta colpa dell’amigdala – spiega – cioè quella parte del cervello, situata nel lobo temporale, che regola emozioni primarie come la rabbia, l’odio, e soprattutto la paura. È il nostro sistema di pre-allarme per la sopravvivenza, un organo sempre in massima allerta per segnalarci tutto ciò che nell’ambiente circostante può minacciarci. È quasi impossibile liberarci del suo condizionamento». Ecco perché siamo tendenzialmente pessimisti, inclini a privilegiare le cattive notizie: i nostri progenitori si sarebbero estinti, divorati dalle belve feroci, se avessero privilegiato l’estasi davanti a un bel tramonto anziché l’adrenalina da panico di fronte ai rumori sospetti nella foresta. Oggi questa nostra programmazione genetica al pessimismo rischia di non farci vedere l’ovvio? Cioè l’effetto immensamente positivo del progresso tecnologico. Il numero di persone che vivono sotto la soglia della povertà  assoluta si è più che dimezzato dagli anni Cinquanta, e di questo passo scenderà  a zero nel 2035. Anche la definizione di “povertà  assoluta” va guardata da vicino. Oggi il novantacinque per cento degli americani che vivono sotto la soglia della miseria ufficiale dispongono non solo (ovviamente) di acqua corrente ed energia elettrica in casa, ma possiedono anche frigo, tv e internet. Sono tutte comodità  che un secolo fa non poteva permettersi neppure il leggendario miliardario Andrew Carnegie, semplicemente perché non erano state ancora inventate. A volte ci sembra che la tecnologia ci renda schiavi, ma su questo punto dovremmo ascoltare il parere dei giovani arabi o russi che si stanno rivoltando contro gli autoritarismi grazie a un maggiore accesso all’informazione. Entro il 2020 altri tre miliardi di abitanti del pianeta si saranno aggregati alla nostra comunità  di utenti di internet: è tutta «meta-intelligenza collettiva», secondo la definizione di Diamandis, ed è forse questa la materia prima che ci salverà . In parte il boom negli accessi all’informazione è già  incanalato verso gli usi più nobili. La Khan Academy, una delle tante iniziative nate grazie ai tecno-filantropi (un esercito sempre più numeroso di cui Bill Gates è solo il nome più noto), oggi viene consultata da due milioni di studenti ogni mese, per l’apprendimento accademico a distanza. Nella biblioteca digitale della Khan Academy ci sono video didattici su materie che spaziano dall’algebra alla biologia. Il settore della medicina “individualizzata” grazie allo sfruttamento delle informazioni genetiche non esisteva neppure un decennio fa; oggi cresce del quindici per cento all’anno. Anche grazie a questi progressi medici, la popolazione degli ultracentenari sta raddoppiando ogni dieci anni. Sono questi i primi trisnonni che vedranno la loro progenie trasformata in «divinità  dell’antica Grecia»?


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