Se rinunciamo a spendere e investire

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Siamo una società  a termine, il qui e ora è il nostro unico orizzonte. Uscire e spendere? Abitudini problematiche. La pizza con gli amici, un panino al volo, la scelta di dentifricio e passata di pomodoro, un viaggio, un paio di scarpe nuove: tutte pratiche controverse. Le aziende sono ancora più immobili di noi: investimenti bloccati, contrazione della spesa pubblicitaria. E poi, perché viviamo in Italia? Non proviamo alcun senso di appartenenza, non esiste coesione sociale, siamo irrimediabilmente convinti della totale incapacità  dello Stato di combattere mafia, corruzione ed evasione fiscale, abbiamo imparato che tutto ciò che la politica fa è tamponare le emergenze. Non ci manca solo una buona classe dirigente: sappiamo che non ne esiste ancora una in grado di tracciare il futuro del nostro Paese e indicarci la direzione.
È questa la scoraggiante radiografia che risulta dal dossier Eurisko sui «Climi di consumo» e gli atteggiamenti verso il governo guidato da Mario Monti (secondo analisi settimanali e continuative dal 2001 a oggi raccolte in rapporti trimestrali su campioni di 1.000 casi intervistati singolarmente per ogni report). Ecco le premesse, i dati e le conclusioni dell’analisi.
Le responsabilità  dei governi 
Nel dossier Eurisko la società  italiana è una clessidra sbilanciata verso il basso: in alto, in uno spazio piccolo ma crescente, l’élite (chi lavora, ha un livello d’istruzione alto e crea opinione), in mezzo una classe media in progressivo assottigliamento, alla base e in crescita «i segmenti con minori dotazioni socioculturali ed economiche». È su questa struttura che si legge la crisi economica: la gente spende di meno, le aziende pianificano strategie a breve termine e contengono i costi tagliando il personale e riducendo gli investimenti. Il risultato siamo noi: meno soldi, meno consumi, meno crescita per famiglie e imprese. I numeri spiegano perché gli italiani sono pessimisti cronici, e la responsabilità  è in gran parte politica: nel giudizio «migliore» o «peggiore» sulla situazione economica rispetto a un anno fa i picchi negativi coincidono con l’epoca dell’ultimo governo Berlusconi, poco dopo l’inizio del mandato nel maggio 2008 e fino a poco prima dell’arrivo di Monti. Con l’esecutivo dei tecnici si registra una risalita, ma il trend non è comunque positivo. Risultati simili si hanno con la richiesta di un giudizio proiettato sull’anno che verrà : nel maggio del 2002 pensavamo che sarebbe andata bene, dando un’apertura di credito al secondo governo Berlusconi, ma il segno meno non ha mai abbandonato il Cavaliere fino al suo terzo esecutivo. Poi il giudizio è migliorato con le elezioni del 2006 vinte da Prodi, ma nell’era del Professore è precipitato di nuovo oscillando sempre al ribasso fino all’ultimo esecutivo Berlusconi e risalendo leggermente con la squadra Monti. La bacchettata più forte riguarda la sicurezza del lavoro: il posto fisso, secondo gli italiani, non è stato garantito in passato né da Prodi né da Berlusconi. E non è garantito adesso da Monti.
Famiglie, aziende e consumi
Stai meglio o peggio di un anno fa? Tutti rispondono allo stesso modo: meglio nel novembre del 2011, poi la situazione è precipitata fino al picco negativo di oggi. La prova è nella mancata spesa: il 67% dice di essere stato direttamente toccato dalla crisi economica, l’inflazione percepita è di gran lunga superiore a quella reale e condiziona ogni acquisto, l’attenzione ai prezzi è maniacale. Dal dicembre 2011 siamo in un «momento sfavorevole per comprare», a marzo il 55% definisce «frustrante» fare acquisti e i consumi si sono ridotti per il 42% degli intervistati rispetto al 32% del marzo 2011. La crisi ha colpito anche le aziende, come dimostra un indicatore importante: la contrazione della spesa pubblicitaria era del 3% nel 2011, nei primi due mesi di quest’anno è passata dal 15 al 20%.
Il cambiamento necessario
L’ingresso dei tecnici a Palazzo Chigi ha mischiato un po’ le carte. Il difetto più evidente riscontrato nella premiership attuale è la scadenza del mandato nel 2013: dopo che succederà ? Per il 47% il governo sta facendo di più rispetto ai precedenti e in questo momento, per il 45%, nessun politico saprebbe fare meglio del presidente del Consiglio. E se Monti si presentasse alle prossime elezioni con un’ipotesi di governo unitario? Voterebbe per lui il 43%.
La conclusione del dossier è in una richiesta che i cittadini rivolgono alle istituzioni: basta con le tattiche di breve periodo per vincere le elezioni, chi ci governa crei le condizioni della coesione e sviluppi una vera politica di sostenibilità  sociale finalizzata all’unità  e al senso di appartenenza al Paese. Ovvero: cambiate il modo di governare e restituiteci un orizzonte.


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