Monti negli Usa farà  da pontiere tra Europa e Obama

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ROMA — Gestire il dramma greco per evitare il contagio non basta. A Camp David, dove oggi si apre il G8, Mario Monti porterà  un messaggio di speranza, proverà  a guardare oltre le nubi che oscurano il cielo dell’Eurozona e spiegherà  come, se si procede uniti, è possibile salvare l’euro e far ripartire la crescita.
Di questo, ma non solo, hanno parlato ieri per un’ora il premier italiano, l’inglese David Cameron, il nuovo inquilino dell’Eliseo Franà§ois Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, con José Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue. Un’ora di supervertice inconference call, il cui esito, stando a quanto è filtrato, sarebbe stato positivo e incoraggiante. Alla fine della videotelefonata, che ha registrato convergenze e unità  di vedute, i leader si sono trovati d’accordo su un principio chiave: il fatto cioè che rigore e crescita non sono fattori alternativi, ma devono marciare a braccetto. È la linea di Monti, il cui ruolo di mediatore tra Francia e Germania si va consolidando, anche grazie ai buoni voti ottenuti dal Fondo monetario internazionale e alla sintonia con il presidente degli Stati Uniti. Se c’è chi ha definito Monti «l’ambasciatore di Obama» è perché la Casa Bianca teme il dilagare della crisi e vede in lui un interlocutore affidabile in Europa. Tant’è che gli ha affidato l’onore e l’onere di aprire la sessione economica del vertice dei «big» del mondo.
È dunque con indosso i panni del pontiere tra Parigi e Berlino (e tra l’Europa e Washington) che il professore, per quanto messo a dura prova dalle fibrillazioni dei partiti, è partito ieri notte per Camp David. Al G8, dove oggi Monti vedrà  il primo ministro russo Dmitri Medvedev, si farà  latore di una visione comune e cercherà  di portare un messaggio per quanto possibile positivo. I contorni sono stati messi a fuoco nella videoconferenza di ieri e il tema, per usare le parole di Monti con i suoi collaboratori, si può sintetizzare così: «Se siamo uniti possiamo respingere il tentativo di chi spera di mettere l’Europa sul banco degli imputati».
L’angoscia per il dramma di Atene è forte. Monti è convinto che per salvare l’Europa sia necessario scongiurare l’uscita dalla moneta unica, ma non vuole che il summit internazionale assuma i contorni di un gabinetto di crisi sulla Grecia. Se prevalgono i messaggi di allarme, è la sua tesi, spegnere il fuoco sarà  più difficile. Che fare, allora? Provare a iniettare un cauto ottimismo, dando rilievo a quanto di positivo l’Europa ha fatto per mettere al sicuro la moneta unica e rilanciare l’economia: dal Fondo salva Stati al Fiscal compact. E anticipare, sia pure a grandi linee, quel che resta ancora da fare. La partita sul futuro riguarda la crescita e gli investimenti, ma l’accordo sugli strumenti, eurobond in primis, ancora non c’è. Se ne parlerà  al vertice Ue del 23 maggio, summit informale eppure di cruciale importanza in vista del Consiglio europeo del 28 giugno.


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