Ora Angela è disposta a trattare “Non possiamo permetterci di presentare l’Europa divisa”

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«Nessuno di noi può correre il rischio di presentarsi e presentare l’Europa disunita. Né al prossimo G8 di Camp David, né ai prossimi vertici di Bruxelles». Le espressioni di ottimismo sono state lasciate in un angolo. Per tutti la situazione è «difficilissima». La tensione alle stelle. E anche la Conference Call che ha riunito i quattro soci fondatori dell’Unione europea, l’allarme è stato costantemente altissimo. Del resto, la drammatica crisi in Grecia, i dati delle borse continentali e quelli ancor più preoccupanti degli spread con il bund tedesco non potevano rappresentare un segno di incoraggiamento. L’indice di Milano ha toccato il minimo storico dal 2009 e la distanza tra i btp italiani e i buoni di Berlino sono di nuovo schizzati oltre quota 450. 
Ma per la prima volta Angela Merkel ha aperto un piccolo spiraglio di fiducia. Una disponibilità  a valutare se e come allentare i vincoli sugli investimenti; e a rafforzare progetti come quelli sull’agenda digitale che al momento prevede tappe di lungo periodo fino al 2020. Quella frase pronunciata al termine del confronto telefonico ha dunque strappato un sorriso ai suoi interlocutori. A Mario Monti, a Francois Hollande e David Cameron. Che hanno interpretato l’invito della Cancelliera come una disponibilità  a trattare. A discutere sui percorsi che l’Europa deve intraprendere per la crescita. Ma soprattutto su quelli per salvare un progetto che rischia di esplodere. 
E l’appuntamento cruciale è già  stato fissato. È quello del prossimo 23 maggio. Quando si riunirà  il Consiglio europeo straordinario. In quella sede e per quella data – è stata la sostanziale intesa tra i quattro leader insieme al presidente della Commissione Barroso e a quello del Consiglio Van Rompuy – una rotta va tracciata. Il G8 che prende il via oggi negli States può essere, invece, solo una “stazione” di avvicinamento. Nella quale l’Europa – hanno concordato – deve almeno apparire coesa. Per poi affrontare la prossima settimana i «nostri problemi»
Certo, nel “quadrangolare” di ieri nessuno si è potuto avventurare nella concretezza delle misure e qualche momento di incomprensione non è mancato. La strada che porta ad un patto definitivo per la crescita è ancora da segnare. Ma questa volta almeno alcune indicazioni sono comunque emerse: a cominciare dalla riflessione sulla cosiddetta “golden rule”, la possibilità  di scorporare in tutto o in parte la spesa per investimenti dal calcolo del deficit.
Ad aprire l’incontro è stato Van Rompuy. Che, però, ha ceduto immediatamente la parola al premier italiano. Un’introduzione centrata su un solo concetto: «crescita». «Sviluppo e crescita vanno realizzati con gli investimenti», ha ripetuto Monti. Facendo così un esplicito riferimento alla cosiddetta “golden rule”. Il monito greco, però, è ancora troppo vivo. I “quattro big” osservano le vicende di Atene con un misto di prudenza e terrore. Il capo del governo italiano lo sa. «Nello stesso tempo – ha infatti aggiunto – nessun cedimento va fatto sul controllo del debito». Consapevole che a Bruxelles molti si interrogano sulla tenuta della «strana maggioranza» e in primo luogo sulla responsabilità  del Pdl berlusconiano, il Professore ha subito puntualizzato. «Da noi, di certo, non ci sarà  alcun cedimento sul controllo del debito». 
Il primo ministro britannico è stato ancora più esplicito sul futuro dell’Unione. Forse meno vincolato dalla non appartenenza all’area euro, ha compiuto un passo in più. Per uscire dalla crisi «bisogna favorire la domanda». Non solo. Da Downing street chiede un rafforzamento del fondo Salva-Stati e soprattutto l’introduzione degli “Eurobond”, la vera bestia nera della Cancelliera. I titoli di debito europei, però, costituiscono per Cameron un’arma insostituibile: «L’unico strumento in grado di evitare la rottura dell’euro».
La risposta della Merkel è pressochè immediata. «Attenzione a rafforzare solo la domanda». La paura di Berlino, infatti, è che favorire il circuito degli acquisti con strumenti di stampo keynesiano possa rappresentare una giustificazione collettiva per gli “Stati spendaccioni”. «Dobbiamo rafforzare l’offerta per dare corpo alla domanda». E quasi per prevenire le risposte del socialista Hollande, ha fatto riferimento alla linea della Spd, i socialdemocratici tedeschi. Che, a suo giudizio, non sono favorevoli ad allargare indiscriminatamente i cordoni della borsa.
Il presidente francese, solo da due giorni all’Eliseo, sceglie una linea prudenziale. Spesso ha offerto la sponda al premier italiano ed è sembrato attento a studiare le mosse dei suoi interlocutori. 
Per un momento si è affacciato sul “tavolo” anche l’invito rivolto dal Fondo Monetario alla Bce sul tasso di sconto: serve un taglio all’attuale 1% per agevolare la ripresa, dicono a Washington. La richiesta ha avuto un’accoglienza favorevole nel “summit telematico”. Non a caso l’argomento verrà  trattato “informalmente” prima che si riunisca nuovamente il board di Francoforte. 
La Grecia resta lo sfondo all’interno del quale i quattro leader si confrontano. L’impegno è di tentarne comunque il salvataggio. I costi di un default ricadrebbero quantitativamente in primo luogo su Germania e Francia. E avrebbero un effetto domino su gli altri paesi “sotto osservazione”: Portogallo, Spagna e in parte Italia. «Ma – ripetono – Atene deve mantenere almeno alcuni impegni».
E, alla fine, insieme alla Merkel anche Monti ha ripetuto l’appello all’unità : «Dobbiamo compiere tutti i tentativi per mantenere coesa l’Europa».


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