Miliardari, banche e petrolieri ecco i padroni della Convention

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TAMPA â€” E’ una “cupola” di 100 nomi. Miliardari e grandi imprese. Sono loro i veri padroni della convention che comincia oggi qui a Tampa, in Florida, dopo il rinvio di 24 ore dovuto alla minaccia di uragano. E domani quei 100 saranno i proprietari della Casa Bianca, se dovesse conquistarla Mitt Romney. Neppure ai tempi di George W. Bush il partito repubblicano aveva dato tanto spazio e tanto potere ai grandi donatori. Oggi, all’apertura della “tre giorni” che deve incoronare Romney come candidato, il potere vero è nelle mani dei grandi burattinai. In modo esplicito, visibile. Al punto da organizzare per loro una convention parallela, con eventi esclusivi a cui partecipano lo stesso Romney, il suo vice Paul Ryan, e tutti i maggiorenti del partito.
L’Amministrazione di Bush e Dick Cheney sembrava aver segnato un record nei conflitti d’interessi, per i suoi legami incestuosi con l’industria petrolifera e quella militare. Oggi sembrano dilettanti in confronto a Romney. E’ con questo candidato che si supera una nuova soglia: la privatizzazione di un’intera campagna elettorale. Tutto alla luce
del sole, grazie a una novità  giuridica del 2010, la famigerata sentenza della Corte suprema (dominata dai giudici di destra) che ha liberalizzato le donazioni da parte delle grandi imprese, benedicendo i loro finanziamenti elettorali in nome della “libertà  di espressione” (primo emendamento della Costituzione).
Romney inaugura questa convention battezzando due club molto esclusivi, con un totale di 1.500 membri, glorificati con i simboli della bandiera americana a stelle e strisce. Nel primo girone ci sono le “
Stars”
(stelle), così si chiamano i finanziatori del partito che hanno raccolto almeno 250.000 dollari ciascuno. Un gradino più su ci sono le “
Stripes”
(strisce), i munifici sostenitori che hanno raccolto 500.000 dollari a testa. A loro sono riservate le stanze dell’hotel Marriott dove Romney ha il suo quartier generale: non a caso, i fratelli Marriott fondatori e proprietari dell’omonima catena sono due fedeli della
chiesa mormone come il candidato presidente. Stato e Chiesa sono una cosa sola. Anzi, Dio Patria e Denaro, è la sacra trinità  che domina questa kermesse elettorale. Ai 1.500 eletti del club “stelle e strisce” sarà  riservato l’accesso a eventi privati con Romney, con l’ex governatore della Florida Jeb Bush (fratello di George), con l’attuale governatore Rick Scott, e con l’ex segretario di Stato Condoleezza Rice. Avranno perfino il loro concerto esclusivo, con il chitarrista Don Felder della celebre band
The Eaglesche
suonerà  il brano-culto “Hotel California” (una triste sorpresa per chi identificava le musiche della mitica Summer of Love 1967 di San Francisco con la cultura progressista).
Al di sopra dei 1.500 milionari c’è il circolo ancora più ristretto, gli azionisti di controllo assoluto della destra. Questi sono i 100 super- donatori, quelli che hanno staccato assegni da un milione di dollari in su. Romney li ha ufficialmente battezzati il Consiglio dei Cento. Tra loro figura David Koch, il principale finanziatore
del Tea Party, l’eminenza grigia dell’organizzazione
American for Prosperity,
un think-tank di estrema destra che funge da copertura per la raccolta di fondi delle grandi lobby industriali. La famiglia Koch possiede un colosso petrolchimico, una delle aziende più «opache» d’America, mai quotata in Borsa per non dover sottostare a doveri di trasparenza, e fieramente avversa a ogni normativa ambientalista.
Nel Consiglio dei Cento c’è l’altro magnate di estrema destra Art Pope della North Carolina, nonché il finanziere miliardario Paul Singer. Non può mancare il re dei casinò di Las Vegas, Sheldon Adelson, che ha cambiato “cavallo” politico spostandosi su Romney dopo essere stato il principale supporto finanziario di Newt Gingrich. Ma anche per Adelson, come per tutti gli altri, vale una priorità : cacciare Barack Obama. I mezzi messi in campo sono proporzionali alla determinazione delle lobby economiche. Mai prima d’ora uno sfidante aveva ottenuto un vantaggio economico su un presidente uscente. Valeva la regola contraria, era sempre l’inquilino della Casa Bianca ad avere una marcia più nella raccolta dei fondi. E invece già  al 31 luglio, Romney aveva in cassa 186 milioni da
spendere contro i 127 di Obama (questi sono fondi liquidi e disponibili, al netto di quelli già  spesi).
La convention ha dei “padroni” privati anche dei suoi lavori. Sono aziende a cui il partito di Romney ha dato in gestione l’evento, cioè il finanziamento della manifestazione. C’è la compagnia petrolifera Chevron, e l’associazione dei petrolieri (American Petroleum Institute). C’è l’azienda ferroviaria privata Csx, che conduce una sua guerra contro le normative ambientali che limitano la libertà  di trasportare materiali pericolosi e inquinanti. C’è la regina di Wall Street, la JP Morgan Chase, di recente coinvolta in un nuovo scandalo dei derivati. Ma tra le multinazionali che hanno preso in appalto interi “pezzi” della convention repubblicana spuntano anche due aziende che in passato hanno coltivato un’immagine vagamente liberal: Apple e Microsoft.


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