Morti e scontri per il Profeta

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«Obama imbroglione», «Mondo musulmano, denuncia il disonore verso il profeta Maometto!», hanno gridato i 10.000 manifestanti per le strade di Dacca, in Bangladesh. Un ritratto del presidente americano Barack Obama e una bandiera francese sono state date alle fiamme davanti alla moschea Baitul Mokarram, la piu’ grande del paese. Hanno sfilato diverse bandiere di organizzazioni islamiche radicali, ma per il resto la protesta si è svolta senza incidenti. Bilancio pesante, invece, in Pakistan: almeno 19 morti e oltre 200 feriti nelle proteste che si sono svolte in diverse città . Quattro persone – tre manifestanti e l’autista di una televisione – sono state uccise a Peshawar, grande città  del nord-ovest, durante scontri con la polizia e saccheggi. A Karachi, metropoli nel sud del paese, i morti sono stati 12. I dimostranti hanno incendiato e saccheggiato cinema, banche, veicoli in sosta e negozi. Inutile l’appello preventivo delle autorità  pakistane che avevano ribattezzato le giornata festiva «Giorno dell’amore del profeta» e invitato a manifestare pacificamente per la difesa dell’islam. Lo stato d’allerta era altissimo. Nella capitale Islamabad, un imponente cordone di sicurezza era stato disposto intorno alla zona che ospita le ambasciate statunitensi e francesi. Il ministro francese della Difesa, Jean-Yves Le Drian, il giorno prima aveva invitato i francesi che si trovano nei paesi musulmani alla prudenza, consigliando loro di rimanere «di preferenza» a casa ieri. Aveva anche espresso «preoccupazione» per i soldati francesi in Afghanistan e in Libano, e confermato che, sul territorio – dove vive la comunità  islamica più numerosa d’Europa (tra i 4 e i 6 milioni, per lo più originarie dell’Africa e del Maghreb) -, la manifestazione prevista per oggi era stata vietata. Gli Stati uniti, già  da martedì scorso avevano annunciato «forti misure» per proteggere ambasciate e consolati, consigliando poi ai loro cittadini di annullare tutti i viaggi «non essenziali» in Pakistan.
Altre manifestazioni si sono svolte nello Yemen, in Afghanistan e anche in Siria, dove i dimostranti hanno gridato: «Gli amati dal Profeta, in Siria, vengono massacrati». In Indonesia, alcune decine di esponenti del partito Islamic Defenders Front hanno bruciato la bandiera americana davanti al consolato Usa a Medan, capoluogo della provincia di Sumatra settentrionale: «Chi insulta il profeta Maometto merita la morte», gridavano. E ancora: «Israele e l’America, nazioni terroriste». A Surabaya (nella parte est dell’isola di Giava) altre 200 persone hanno invece manifestato davanti al consolato francese, gridando: «Morte all’America, morte alla Francia».
Anche in Libano, migliaia di persone hanno risposto all’appello del segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, dei sostenitori del partito sciita e del suo alleato, il movimento Amal, e hanno organizzato una protesta a Baalbeck, nella parte est del paese. È stata bruciata una bandiera americana e un imam ha predicato la necessità  della pena di morte per gli autori e gli attori del film.
Intanto, un’attrice che compare nella pellicola amatoriale blasfema ha chiesto al giudice di essere cancellata dal film, sostenendo di essere stata raggirata, ma la giustizia Usa le ha dato torto. YouTube, un servizio di Google, ha impedito l’accesso all’Innocenza dei musulmani in diversi paesi, a cominciare dall’Egitto e dalla Libia, dove hanno avuto origine le violenze. Altri paesi, come il Pakistan e il Sudan, hanno bloccato da soli l’accesso al video, che denigra la figura del profeta Maometto e presenta i musulmani come immorali e violenti. Un film definito «vergognoso» anche dal segretario generale Onu Ban Ki-moon. Un mensile satirico tedesco, Titanic, ha però deciso di buttare benzina sul fuoco, annunciando per il 28 settembre una copertina satirica sull’islam.


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