Il nuovo sogno della vedova Jobs

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Se suo marito ha rivoluzionato il modo in cui la gente usa le tecnologie, ora anche lei, Laurene Powell Jobs, sembra determinata a cambiare la vita delle persone. La vedova del fondatore di Apple, che Forbes ha incoronato «la donna più ricca di Silicon Valley», ha appena lanciato un sito web chiamato «The Dream is Now», per dare un volto alle centinaia di migliaia di figli di immigrati clandestini arrivati da bambini in America e che tuttora vi risiedono illegalmente. Gli attivisti li chiamano «dreamers», sognatori, dal nome della legge (il Dream Act) presentata per la prima volta nel 2001 per tentare di legalizzarli, ma da anni bloccata al Congresso dall’opposizione della destra.
Dalla scorsa settimana, i «sognatori» hanno iniziato a raccontare le proprie storie su www.thedreamisnow.org. Il documentarista Davis Guggenheim (autore di «Una scomoda verità » su Al Gore) trasformerà  i video in un film. «Non ho scelto di venire qui, è stata una decisione dei miei genitori per offrirmi una vita migliore — racconta nervosa Mayra nella fredda Nebraska City — Ora, dopo 22 anni, non c’è altro luogo che io possa chiamare casa». Lavora in biblioteca, e questa confessione potrebbe costarle l’impiego. Invece Jocelyn di Billings, in Montana, mostra la foto del fidanzato: non sa che lei è una clandestina. Entrambe hanno tutto da perdere, ma è più forte il desiderio di spiegare all’America l’urgenza di una riforma dell’immigrazione. «Bisogna guardarli in faccia. Sono i figli dei nostri amici, sono gente che conosciamo – ha spiegato la moglie di Jobs in una rara intervista a Yahoo News —. Questo è un problema nazionale che va finalmente risolto».
Non è una missione nuova per la quarantanovenne Laurene. Ex dipendente di Goldman Sachs, dopo aver conosciuto il marito a Stanford (lei studentessa di business, lui conferenziere) e averlo sposato con rito buddista nel 1991, si è dedicata non solo ai loro tre figli Reed, Erin e Eve (e a Lisa, nata dalla prima unione di Steve) ma a anche a cause umanitarie: in primo luogo, aiutare gli studenti meno abbienti. Ha scoperto così che molti erano clandestini. La vedova di Jobs, che ha spinto il marito a finanziare il partito democratico e che è apparsa al fianco di Michelle Obama e dei Clinton, non si è fermata a iniziative «virtuali». Altri leader di Silicon Valley come Jeff Hawkins, inventore dei primi palmari, stanno aiutando i «dreamers» a studiare e trovare lavoro. E dopo la morte del marito nel 2011, Laurene si è gettata ancor più in politica per questa causa: ha definito la paralisi del Congresso «devastante per gli studenti e tragica per il Paese», e ha incontrato personalmente diversi repubblicani, incluso Marco Rubio, un giovane leader del partito di origini cubane, per costruire l’appoggio bipartisan alla riforma.
Non a caso il suo sito web nasce ora. «È il momento giusto», ha detto Obama martedì a Las Vegas parlando in favore della legge sull’immigrazione. Il presidente rieletto a novembre anche grazie ai voti del 71% dei «latinos», benché criticato da alcuni per l’alto numero di deportazioni durante il primo mandato, ha emanato a giugno una sanatoria temporanea (due anni di sospensione della deportazione) per gli under-30 entrati illegalmente prima dei 16 anni. Ma la riforma dell’immigrazione sta emergendo come una priorità  per gli stessi repubblicani, consapevoli che perderanno anche in futuro se, come fece Romney, consigliano ai clandestini di «auto-deportarsi». Per questo Rubio e John McCain si sono uniti alla «gang degli otto», i senatori bipartisan firmatari di un accordo per una riforma che potrebbe consentire a 11 milioni di immigrati illegali di ottenere la cittadinanza.


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