Le condizioni del prestito di Stato: congelati i bonus ai supermanager

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Innanzitutto stipendi e bonus. Difficile che qualcuno a Rocca Salimbeni, con le perdite rilevate e il severo piano di ristrutturazione avviato, possa pensare di mettere in conto premi o aumenti retributivi, ma tant’è, Grilli chiede comunque limiti precisi. Richiamando — come è previsto nel provvedimento che a fine dicembre ha dato via libera all’aiuto dello Stato per Mps — le disposizioni a riguardo emesse dalla Banca d’Italia. E cioè i vincoli alla remunerazione che vanno dal divieto di ogni quota variabile per i componenti gli organi di controllo (collegio sindacale, consiglio di sorveglianza e comitato per il controllo interno) al maggior peso della parte fissa e all’ ancoraggio dell’eventuale parte variabile a indicatori qualitativi, coerenti con le funzioni svolte, per tutti gli altri con particolare attenzione ai manager più rilevanti, i cosiddetti risk takers.
Nelle regole della Banca d’Italia c’è anche lo stop ai bonus, in caso di risultati negativi di bilancio, e l’invito alla massima moderazione nelle buonuscite. Il congelamento della liquidazione dell’ex direttore generale di Mps, Antonio Vigni, peraltro coinvolto nei procedimenti sanzionatori della Vigilanza e nelle inchieste giudiziarie, non è da considerare un caso eccezionale. In via Nazionale i mega compensi di fine rapporto sono ormai guardati con diffidenza e non solo nelle banche in grande difficoltà  come il Monte dei Paschi. In una fase in cui il sistema bancario è impegnato in un processo di riduzione dei costi e di dimagrimento delle reti e degli organici, i primi risparmi devono essere fatti sui bonus e superbonus del management. Oltre che sui dividendi: il governatore Ignazio Visco — come del resto aveva fatto anche il suo predecessore Mario Draghi — ha insistito a più riprese sulla necessità  di limitare la distribuzione dei dividendi in presenza dell’esigenza di rafforzare il capitale.
Il ministro Grilli, con la sottoscrizione dei Monti Bond, farà  di più, imporrà  tout court «il divieto della distribuzione di dividendi ordinari e straordinari», perlomeno fino all’adozione da parte della Commissione europea del Piano di ristrutturazione che Mps è tenuta a presentare, in conformità  alle disposizioni Ue sugli aiuti di Stato, anche per quanto attiene alle strategie commerciali e di espansione, oltre che per quel che riguarda utili, remunerazioni e incentivi.
Ciò vuol dire che per tutto il tempo necessario all’attuazione del piano, l’istituto senese non potrà  comprare direttamente o indirettamente nuove partecipazioni in banche, società  finanziarie o assicurazioni, a meno che l’acquisizione non sia funzionale all’attuazione del piano e compatibile con la normativa europea in materia di aiuti di Stato. La banca poi non potrà  corrispondere interessi su altri strumenti finanziari computabili nel patrimonio di vigilanza, ad esclusione dei casi in cui sussista un obbligo legale di procedere al pagamento in assenza di utili da distribuire o vi sia solo la possibilità  di differire il versamento.
Ma negli impegni che i responsabili della banca senese, l’amministratore delegato Fabrizio Viola e il presidente Alessandro Profumo, dovranno assumersi per ottenere l’aumento di capitale a carico dello Stato, ci sono anche vincoli operativi che possono incidere sull’attività  commerciale. Succederà  un po’ quello è successo per l’Alitalia ai tempi dei prestiti pubblici: Mps non potrà  utilizzare il sostegno pubblico, cioè in pratica la garanzia dello Stato, per promuovere e pubblicizzare i suoi prodotti e la sua attività . Né potrà  mettere in atto nuove iniziative commerciali «aggressive» che non avrebbero potuto essere realizzate senza i Monti bond. Insomma Mps dovrà  restare il più possibile nel recinto dell’ordinaria amministrazione, cercando di realizzare il suo piano di riorganizzazione e puntando alla redditività , fino al rimborso dei titoli.
Un percorso questo non facile, ricco, come si è visto, di vincoli, paletti e condizioni, imposti dal ministero del Tesoro per cautelarsi. Ma che porterà  Mps a rimettersi in regola, secondo quanto hanno affermato lo stesso Grilli e la Banca d’Italia che ha testimoniato, col suo via libera ai bond, la solidità  patrimoniale attuale e «prospettica» della banca. La positiva valutazione di via Nazionale — che non avrebbe tralasciato di considerare le incertezze regolatorie e congiunturali possibili nell’esaminare tutti i profili di rischio — avrebbe puntato molto sulla netta inversione di rotta operata nella gestione e nel piano industriale dagli amministratori che hanno preso le redini della banca lo scorso anno.


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