Nel Pd due partiti sulle alleanze E il segretario studia la sua agenda

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ROMA — Anche la base del Partito democratico ha cuore e testa per dire no ad accordi di governo con il centrodestra. Tra martedì e mercoledì, il popolo delle primarie ha fatto sentire la sua voce con una valanga di mail inviate al partito di largo del Nazareno per chiarire un concetto, inequivocabile per il segretario Pier Luigi Bersani: «Dopo il governo tecnico, mai più con Berlusconi…». Il circuito sfruttato dai militanti e dai simpatizzanti del Pd è quello della mailing list delle primarie, conferma Nico Stumpo responsabile dell’organizzazione: «Stanno arrivando moltissime mail di elettori che hanno partecipato alle primarie dalle quali emerge una contrarietà  generalizzata ad un accordo politico con il centrodestra… Insomma, ci chiedono di non allearci con Berlusconi».
Ecco, con queste suggestioni che vengono dalla base, Pier Luigi Bersani prova a navigare tra le obiezioni sollevate da molti big del partito che invece sono favorevoli alle «larghe intese» con il centro e il centrodestra. Insieme ad un programma che vede, tra i punti forti, il rimborso dei crediti alle imprese e la scelta di due personalità  condivise per le presidenze di Camera e Senato.
Il segretario prima incontra a pranzo Nichi Vendola — al quale conferma di essere contrario al governissimo — poi gli tocca prendersi gli insulti di Grillo: «Bersani sei morto, dimettiti, fai proposte indecenti…». E lui incassa, risponde ma non sbatte la porta in faccia al leader del M5S. Più che polemizzare, sceglie di confrontarsi con il suo braccio destro, lo storico e neodeputato Miguel Gotor, per iniziare a mettere nero su bianco i punti programmatici sui quali chiedere la fiducia in Parlamento se Napolitano lo indicherà  per Palazzo Chigi. Il resto lo fa Enrico Letta, vicesegretario del Pd, che ricorda quanto sia incerta la rotta da seguire: «Chiederemo voti a tutto il Parlamento per un governo di svolta soprattutto sulla moralità  pubblica, l’anticorruzione, un’Unione Europea diversa e l’occupazione… La situazione di incertezza preoccupa e noi vogliamo evitare il caos nel Paese».
I punti sarebbero sette o otto: 1) legge elettorale; 2) taglio dei costi della politica e riduzione del numero dei parlamentari; 3) conflitto di interessi; 4) nuova legge anticorruzione che recuperi i contenuti stralciati, su pressione del Pdl, dalla legge Severino: reato di autoriciclaggio, pene più severe per il falso in bilancio e nuovo reato voto di scambio; 5) riduzione delle spese militari; 6) rimborso dei crediti vantati dalle aziende nei confronti dello Stato; 7) esenzione Imu per la prima casa fino a 500 euro; 8) interventi urgenti per l’occupazione e la crescita. L’ultimo punto è il più complesso da realizzare perché i margini di manovra della spesa pubblica sono limitati e sotto osservazione da parte dell’Ue. C’è poi la questione delle cariche che potrebbero andare al M5S. Sulla presidenza della Camera convivono due scuole di pensiero: Grillo non è mica come Mastella che lo attiri con il miraggio di una poltrona, avrebbe detto Vendola a Bersani. Invece Luigi Zanda ritiene più che giusto condividere le cariche istituzionali: «Per ribadirne il carattere di garanzia».


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